Il senatore Incitatus

Lunedì, giorno 1 sarebbe meglio dire.
Il tanto atteso inizio delle elezioni del Presidente della Repubblica è avvenuto, appassionante come una telenovela brasiliana. Lacrime e amori non corrisposti, quelli che incominciano dal centro per poi spostarsi ondivaghi fra destra e sinistra. 
Il giorno 1 è l'esordio del voto al drive-in, come in un cinema o in una puntata di "Happy Days", il voto in auto per i grandi elettori (che fra delegati regionali e senatori sono circa un migliaio di persone) positivi che contrariamente al solito a Roma questa volta hanno dovuto arrivare. È il primo giorno della settimana, quello che segue il weekend dell'addio ai sogni, forse bisogni, di gloria di Berlusconi, il Cavaliere, prepotentemente ripulito dal passato a volte così gossippato da apparire velato di tristezza comunque lo si guardi, riproposto dal centrodestra come garante della democrazia nazionale ad un passo soltanto da una nuova stagione di processi e attese.
Contrariamente a quanto credito dagli organi di stampa il Cavaliere ha fatto un passo indietro, diplomaticamente, intelligentemente, da vecchia volpe in fin dei conti.
Così il weekend del rammarico, del trauma per il gran rifiuto dell'uomo di Arcore, è passato quasi con un sospiro di sollievo per il pericolo scampato (sicuramente sul versante sinistro dell'emiciclo) e qualche mugugno a destra per il rifiuto educato. 
E ora? 
Ora si assiste dal divano di casa alle maratone televisive dei tanti emuli di Mentana che popolano la TV nazionale pronti a sciorinare news via chat arrivate diritte sul proprio smartphone dalla solita "fonte fidata"(che di questi tempi pandemici tutti ne abbiamo una). News che parlano di trattative segrete, di vie del Nazzareno e location stile Arcore, dove tutti incontrano tutti e tutti cercano un nome da estrarre dal cilindro che possa fare breccia nel cuore e nella sensibilità dei grandi elettori, col green pass o senza. E segretamente tutti sussurrano il nome di Draghi, l'Innominato 2.0 del nuovo millennio, quello che tutti vorrebbero ma nessuno candida "che sta facendo bene lì dov'è!". Si, perché in effetti l'Innominato 2.0 sta cercando di farci uscire dal pantano della pandemia, i farci tenere un po' di più la luce accesa e il gas per riscaldarci senza che questo comporti un inverno di stenti e sacrifici. Sta "facendo tutto lui" in parole povere, come se tutto e il suo contrario dipendesse dalle sue scelte. 
E i burattinai che si muovono dietro le quinte sanno bene vmche spendere il nome dell'Innominato 2.0 il giorno 1 significherebbe perdere il nome buono subito. Che poi non di sappia bene di chi sia la mano che muove il burattino al giornalista che ci fa la telecronaca dellelezione non importa, anzi, il non saperli, non dirlo, non volerlo dire, porterà suspence, audience, porterà tenendolo per mano il telespettatore verso il giorno 2, poi 3 e infine al giovedì che rappresenta il giorno 4 degli questa tormentata elezione. E al giorno 4 il quorum si abbassa, basta la maggioranza e allora si che nelle schede che i nostri esimi rappresentanti andranno ad inserire nell'urna, non più nel segreto dei vecchi catafalchi poco igienici oggi ma dopo un percorso con architettura di design e sanificanti in gel nei dispenser indicheranno il nome giusto, quello del candidato principe, quello che "non può essere che lui il Presidente", togliendoci noi elettori, telespettatori, animali chiusi nei recinti, dall'imbarazzo di sapere che pur di mandare nulla una seduta di voto, chiuderla con una papale fumata nera, qualche senatore prezzolato ha scritto il nome di Dino Zoff (forse fra tutti i nomi messi a scarabocchio qua e là, l'unico capace di consenso davvero unanime) forse in cuore suo ironizzando sul fatto che non c'è l'intesa, né banca, né profumo, né accordo, scordandosi che così facendo manca di rispetto a chi lo ha incautamente eletto senatore. 
E allora si che nel momento del vergognoso spoglio elettorale del duo Casellati-Fico (fatti per vivere distanti, è fin troppo palese) c'è da rimpiangere di non sentire il nome Incitatus, il cavallo nominato senatore da Caligola.
Lui si che forse ci aveva visto lungo.


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