Adesso che i coriandoli volati per aria per la rielezione di Mattarella a Presidente della Repubblica si sono posati sulle scrivanie, a terra, nei corridoi neanche un po' timidamente iniziano a volare gli stracci, le accuse reciproche dei partiti e partitini che hanno palesato una evidente incapacità, qualsiasi.
Incapacità nel trovare un accordo anche minimo sul nome giusto (nome che come dimostrato c'era già) da eleggere, sui tempi protrattisi fin troppo per quello che è il momento storico davvero difficile.
Incapacità anche a farsi da parte, quasi che le elezioni per il Quirinale fossero riflettori indispensabili per gettare le basi di chissà quale politica futura.
Politica futura legata a doppio filo al futuro del Pnrr che significa euro, soldi, aiuti economici per il paese in difficoltà.
Politica futura che però già da domenica 30 gennaio ha iniziato a dimostrare le crepe e le distanze che la contraddistinguono. Non fra le parti politiche, come in fondo è giusto che sia, ma fra l'emiciclo e noi che dal Parlamento rimaniamo fuori, virtualmente appesi alla scheda elettorale.
A coriandoli posati abbiamo un Presidente della Repubblica che ci mette, noi popolo elettore, in posizione di tranquillità a stretto contatto con un Presidente del Consiglio incaricato certo ma al momento l'unico capace ma al tempo stesso abbiamo un popolino di presunti grandi elettori e segretari/presidenti/capi di partito incapaci e a tratti improponibili.
Personaggi entrati negli anni nel gioco grande della politica per non uscirne più, palesemente per tornaconto personale o per conto terzi.
Politicanti che farebbero bella figura altrove, piazze, stadi, campi di grano ma non li.
Li dove serve, sarebbe servito eccome dimostrare rispetto per chi li ha eletti, di fatto regalando loro visibilità e vitalizi.
Adesso che i coriandoli si sono posati sui tappeti fuori dal Quirinale inizia il gioco del dentro o fuori, dentro secondo i dettami/diktat di questo o quel partito/movimento. Fuori se ci si ostina ad essere contro, andare contro. Perché in fondo queste elezioni dal sapore circense avevano un obiettivo ben chiaro alle forze politiche così brave, tutte, da prendersi il merito di aver convinto il presidente Mattarella a non lasciare. L'obiettivo era interno, nascosto fra le righe di schede elettorali scarabocchiate da nomi improbabili, di fantasia, di pessima ironia. Dentro, dietro, tutt'attorno l'aria furba dei palazzi del potere che ha eletto l'elezione a campo di battaglia per la resa dei conti; quelle iniziate a destra e a sinistra, senza far nomi, o in senno al Consiglio dei Ministri, questi ultimi ora coscienti di non poter più sbagliare nulla, alzare la voce ma anzi, hanno l'obbligo/dovere di puntare diritti agli obiettivi previsti dal Pnrr.
E chi è fuori dal Consiglio dei Ministri dovrà fare i conti con se stesso, con i compagni di partito, con i voleri dei vertici e con la realtà non sempre dolce e benevola.
Nel 2023 si vota, si apre una nuova legislatura, Mattarella in questo momento storico è l'unica sicurezza del nostro sgangherato paese.
I circensi dell'ultima settimana chissà se hanno realizzato che dal 3 febbraio il semestre bianco presidenziale termina e teoricamente il Presidente può sciogliere le camere, chissà se ci hanno pensato, prima.
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