Liberazione di passione

Oggi che piove e fa freddo la città si sveglia più intorpidita come "l'inverno che era d'estate" cantato da Barbarossa, ho mille pensieri, forse più voglia di dire tante cose in realtà. Che di cose, da Pasqua in qua ne sono successe, e non si sa bene da che parte cominciare.
Perché le cose successe non sono belle, positive anzi, hanno tutte il sapore amaro della tristezza, quel senso di rammarico che ti rode da dentro.
Pasqua cristiana e Pasqua ortodossa sono arrivate e passate nel mezzo di una guerra tanto drammatica quanto per certi aspetti annunciata, anche se noi ad Occidente non ci siamo mai resi conto davvero del vento che soffia a da Est; dentro un disastrato uovo pasquale hanno lasciato la sorpresa amara che a nulla stanno servendo le buone intenzioni, i salti mortali delle diplomazie, che siano esse in apparente prima linea o in palese ritardo suo tempi.
da due mesi siamo spettatori silenziosi di quanto sta accadendo in un mondo che fino all'altro ieri pensavamo distante, lontano e diverso dal nostro.
Mondo nostrano che si muove fortunatamente, solo a parole, nei conflitti e nelle diatribe storiche, in quello spazio temporale tutto sommato ristretto che va dal 25 aprile al Primo Maggio, il tempo di una settimana. Una settimana, forse più tenendo presente anche i giorni precedenti, di scaramucce politiche e sociali a distanza sempre osservando l'altra parte, il colore, il presunto credo, anche quando tutto sembra chiarito e chiaro. È stato un altro giorno dedicato alla Liberazione, dalla guerra, dal fascismo, da una parte buia del nostro passato, intriso di dubbi, rivalità, accuse come se la guerra avesse portato a chiunque un dolore diverso a seconda dell'idea o del colore.
L'abbiamo festeggiato inneggiando ad una pace che oltre i confini nazionali appare difficile, lontana, frammentata. Una pace, almeno intesa come pace sociale, che dentro i nostri confini è sempre sul filo dell'incomprensione quasi che godere dei sacrifici fatti da tutte le parti, sbagliate e sbagliando o meno, per arrivare all'oggi, questo oggi che appare fragile, come un uovo di cioccolato che si apre con un pugno.

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