"E ora che succede?"
"In che senso?"
È un martedì caldo, di quelli che l'afa non vuole andare via e non ti fa respirare. È maggio ma sembra già luglio.
Il tavolino è coperto dalle fronde dell'albero, la pausa pranzo così è più gradevole.
Il mio amico continua.
"Nel senso che adesso che il campionato di calcio è finito ci tocca attaccarci al calciomercato?"
Osservo il perlage analcolico della sua acqua risalire veloce verso la superficie del bicchiere.
"Anche, ma non è quello che intendevo; dopo la settimana di passione in cui abbiamo focalizzato la nostra attenzione o sul Milan o sull'Inter adesso cosa facciamo?"
Bevo come un assetato, il sole di maggio è una calura feroce ed inaspettata.
Riprendo.
"Da lunedì mattina ci siamo ricordati che a due ore di volo dall'Italia c'è una guerra, crudele quanto ambigua, non chiara in alcuni passaggi ad eccezione dell'efferatezza di news e immagini arrivate a noi. E con la guerra ci siamo ricordati dei profughi ucraini, questi si ben accetti e che abbiamo tutti certificato che sono in fuga da un conflitto. Solo questi però,non quelli che attraversano il Mediterraneo."
Mi fermo, bevo, ho caldo. Mi sto agitando, infervorando proprio. Il mio amico osserva.
"La guerra lì è scoppiata anni fa e questa è l'onda lunga di quel conflitto. Nessuno credo abbia capito chiaramente, qui ad Occidente, cosa accade in Ucraina, in Russia. Di certo c'è che adesso si muore, si viene passati alle armi con modalità che abbiamo solo sentito raccontate dai nonni. La domanda che devi fare è perché ci è scappato di mano il controllo. Perché tutti hanno fatto finta di non vedere."
E addenta il panino.
"Ci siamo lasciati travolgere dagli eventi, eventi presi anche come scusa per altre cose; rincari, ritardi, economia. E il bello mio caro è che ad ottobre ci accorgeremo davvero di quanto ci costerà questa cosa."
"E noi italiani cosa stiamo facendo? Noi Governo italiano? Nulla, quasi nulla se non dire, fare poco e inviare armi, e tutto il resto?"
Mi gratto il mento, il pranzo rischia di prendere una piega diversa.
"Anche l'UE ci ha tirato le orecchie, in modo diretto perché pare che il tempo concessoci sia scaduto. E quel tempo scaduto significa che così facendo ci giochiamo i soldi del Pnrr, i tanto agognati soldi promessi dall'Europa (da restituire bada bene) nel pieno della pandemia."
Adesso sono io che lo ascolto mentre il pranzo va avanti.
"Tutto il famoso Pnrr è fermo, bloccato negli anfratti penso di Palazzo Chigi. Vittima degli affari di Palazzo."
"Dici che è una congiura?"
"No, non una congiura, dico che è incapacità di star dentro un'alleanza, specie se innaturale come quella di adesso fra Pd e Lega, mai così lontani.
E noi Italia dobbiamo ridurre il debito pubblico, le tasse sul lavoro perché abbiamo un sistema inefficiente, spese per le pensioni fra le più alte del continente, aliquote marginali d'imposta da revisionare, un catasto che non sa allinearsi al mercato corrente (e in Parlamento ancora si blocca la sua riforma), capisci?"
Annuisco preoccupato, vista così la situazione appare drammatica;lo è infatti.
Il mio amico ormai è lanciato. Mentre con un cenno ordina i soliti due caffè di fine pausa, continua a spiegare.
"E non è mica tutto sai? Draghi ha a che fare con un governo in perenne lotta con sé stesso, con le sue diatribe e lotte interne. I litigi Salvini-Letta, con il sorriso sornione di Meloni e il redivivo Berlusconi sullo sfondo, fanno scivolare lontani i soldi dell'Europa sai? Perché dentro le loro beghe in fondo inutili, c'è il calo demografico che ci rende un paese vecchio, in cui giovani preferisco studiare e lavorare all'estero e un ostruzionismo ottuso di questa classe politica su energia e trasporti, che rimangono vecchi come siamo noi, immobili sull'impossibilità di completare la linea Lione-Torino come richiesto più volte da Bruxelles. Niente, noi preferiamo litigare nel cortile di casa, anche adesso che Draghi è spendibile in senno all'UE. Siamo incapaci di sfruttare il momento, l'occasione."
Scuote la testa bevendo il caffè di fine pranzo, gli faccio compagnia.
"Hai ragione, il quadro che tratteggi non ha una sola sbavatura. La realtà è questa, rischiamo di aver avuto l'occasione e rischiamo di sprecarla perché lì, a Roma, non sono capaci di trovare equilibrio, intese che in altri contesti come quelli dove io e te lavoriamo, rispettiamo quello che ci viene detto di fare e basta. E il rammarico aumenta pensando che questa classe politica non sa cambiare perché in fondo non vuole cambiare. Altrimenti le facce non sarebbero sempre le stesse e non esisterebbero i Gruppi Misti, ennesimo tradimento verso gli elettori."
Il pranzo finisce, la pazienza verso Roma forse anche, la fiducia è già andata via. Non ci resta che attendere; attendere che la guerra si concluda nel breve periodo, che Draghi si inventi l'ennesimo colpo di teatro, che Salvini non indossi più felpe o maglie e faccia meno selfie. Che Letta capisca che cosa significa per milioni di elettori "PD". Attendere purtroppo tante cose mentre attendiamo di cominciare il turno del pomeriggio.
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