Guardo ancora il calendario un po' perplesso; quello appeso alla parete in cucina indica il mese di maggio, anno domini 2022 eppure a me qualche conto non torna.
Scorro veloce le prime news del mattino e mi sembra che un anno, forse due, tre, non siano mai passati.
C'è stata una nuova, non indispensabile, polemica in senno al governo e i protagonisti hanno ancora i nomi dei protagonisti dello scorso anno, diverso solo gli scranni dai quali è partito lo scambio di critiche (Parlamento Europeo e uno studio televisivo) quasi a certificare che se c'è da fare polemica questa si può fare anche lontano da Palazzo Chigi. Tema del giorno nel mese di maggio, i bonus, i superbonus, le lacune arcinote con cui questi sono stati creati (facili alla frode; una manna insomma per certi soggetti), ennesima defaillance di chi "c'era prima".
In fondo è politica, polemica e opposizioni ne costituiscono l'asse portante ben più dei programmi, esposti e illustrati solo in campagna elettorale.
Il 2022 mi lascia fin qui perplesso; è arrivato ancora maggio, il Primo Maggio, la festa dei Lavoratori, l'unico giorno in cui i sindacati sembrano uniti, talmente uniti da salire sullo stesso palco, al loro concerto o alla marcia Perugia-Assisi che si voglia, per pontificare contro, a prescindere, lo Stato, il Governo, "i padroni". E poi scendere dal palco, stringere mani, sorridere a telecamere o smartphone e salutare, lasciare la piazza, alla musica o alla ricerca della Pace.
E lasciano anche lontani i ricordi di chi sul lavoro muore, per svariati motivi, un anno dopo l'altro, anche quando dovrebbe essere semplicemente la vigilia della loro festa. E si muore dai 18 ai 60 anni, senza distinzione di età, sesso, occupazione. E tutti rimangono senza perché, senza spiegazioni plausibili, chiare, che diano pace a chi rimane a casa ad aspettare un rientro che non avverrà mai. Nel 2021 come, ancora, nel 2022. E come nel 2021, anche nel 2022 si lancia lo strale a Roma e pace fatta con la piazza addobbata di bandiere sindacali. Così è facile fare finta di risolvere le cose. Un po' come le beghe politiche che si spostano a ruoli invertiti da un anno all'altro. Intanto tutto rimane invariato, drammatico, anno dopo anno. E in quest'altro anno strano si raccolgono adesioni per lo stipendio minimo, un diritto essenziale e fondamentale del lavoratore, che a Roma, nei palazzi di governo stavolta, non vogliono sentire quasi fosse un'eresia, sacrilego garantire dipendente la dignità. Semplicemente.
Se prima, il prima di ogni cosa c'è sempre, la precarietà era legata a doppio filo all'emergenza Covid-19 adesso che siamo finalmente riusciti a toglierci le mascherine dal viso siamo in apprensione, ad un passo dalla crisi economica per colpa della guerra a due ore d'aereo dai confini. La crisi russo-ucraina sconvolge i destini ancora più della pandemia e ci ha trovati a braccia alzate, intenti, distratti a fare altro. Quasi sicuramente ad ascoltare una nuova bega nazionale popolare, come in una sosp opera sudamericana.
E l'estate ad un passo ci ricorda che sarà un'altra stagione difficile, resa ancora più difficile dalla ritrosia con cui gli aspiranti stagionali valutano le offerte di lavoro. E il gioco del rimpiattino in questo strano 2022 ricomincia, ma stavolta non c'entra lo stato che non aiuta la ripresa, no, stavolta sono i ragazzi che non vogliono lavorare, gli imprenditori che non vogliono pagare, il sistema fiscale italiano così deficitario e vorace nel pretendere il pagamento delle tasse. Quasi scandaloso. È l'anno in cui la ripresa frena, rallenta, rischia di andare fuori strada una volta di più.
E come nel 2021, anche il 2022 lascerà ferme le cose al loro posto, magari qualche poltrona illustre vedrà un altro lato b novile, magari si protesterà uno o due giorni, ricercando fra le parole del vocabolario italiano un nuovo "no" da abbinare al termine scelto.
Quando l'unico No maiuscolo che dovremmo dire è alle morti bianche, a chi vuol vietare l'aborto, a chi dice che "però quello che succede là (Ucraina) se lo son cercati", a chi gioca con la nostra vita, i nostri soldi, la nostra dignità.
Ma come nel 2021, se lo diciamo è dentro un profilo social, anonimo, fintamente libero.
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