Il mio portiere

La palla che ho calciato ha la traiettoria infame.
"Papa` mi fai vedere come si allena un portiere?"
"Certo, vieni, usciamo in giardino e proviamo."
La palla ci aspetta come sempre in giardino, dopo ogni partita non la spostiamo mai; ci aspetta ferma al solito posto.
Io i primi palloni li ho parati quando Zoff difendeva i pali di Juventus e nazionale, quando come allenamento specifico per il ruolo di portiere bastavano due giri di corsa, blandi, di campo e buttarsi, non tuffarsi, no, buttarsi, come un sacco appeso cui tagli il filo che lo tiene sospeso.
Sole, erba secca, pioggia, nebbia, buche, non importava. Buttarsi per una buona mezzora a destra e a sinistra e poi in piedi. Iniziava la seconda parte dell'allenamento, quella dei tiri, della persona che tre volte alla settimana e il giorno della partita "interpretava" l'odierno ruolo di preparatore dei portieri.
Tiri in tutte le direzioni dopo aver posizionato in più punti sparsi davanti l'area di rigore i palloni, tanti dei quali al limite della loro integrità.
Altri tempi.
"Io vado in porta e tu mi alleni, pero' ho visto un video e dovresti farlo con le mani. All'inizio almeno."
E` piccolo ma ha già le idee più chiare del mio vecchio "preparatore".
Preparo il pallone, mi assicuro prima che i pali che abbiamo piantato nei giorni del lockdown resistano ancora per oggi e vado verso la mia posizione.
Lo vedo che si mette più o meno al centro dei due pali, allaga le gambe e mi guarda quasi in cagnesco.
La palla parte veloce da destra, la mia, e` a mezza altezza, faccio d'istinto un passo verso destra, la mia, per chiudere lo spazio fra me e il palo alla palla ma mi sposto tardi, la palla mi sfila vicina ed entra in porta.
Guardo il mio "preparatore" giusto in tempo per vedere un altro pallone arrivare dalla lunetta dall'area di rigore, e` centrale, resto nella mia posizione e con il piede destro mi do la spinta verso sinistra e allungo le braccia, la palla sfiora le mie dita e si posa vicino all'altra. In porta.
"Sei pronto?"
Non aspetto il suo assenso e gli lancio a mezza altezza la palla, un po` decentrata, lo sorprendo. La palla lo supera.
Pioveva spesso, se non pioveva era la nebbia a farti compagnia e con addosso una maglia di flanella il tuo peso con l'umidità il tuo peso quasi raddoppiava ma aveva tutto un fascino strano e mi piaceva buttarmi, sporcarmi, cercare di non prendere gol (cosa successa ahimè poche volte).
"Avvisami pero` quando tiri."
Lo dice con tono di rimprovero e io trattengo una risata; e` lo sconforto che lo fa parlare. 
Mi scuso e gli faccio cenno che sto per ricominciare: uno, due, tre, quattro tiri con le braccia. A destra, a sinistra, nell'angolino alto, alcune le prende quasi di riflesso, altre finiscono in rete ma e' svelto a recuperarle e ributtarmele.
La palla arriva da sinistra, e' partita bassa ma vedo che si alza, punto i piedi nel terreno fangoso, zeppo di umidità'; mi abbasso un po' per avere più slancio. Voglio provare a prenderla: salto, un salto strano, storto. In alto si ma piegato verso sinistra, verso l'angolo alto della porta e saltando allungo il braccio sinistro, quello più vicino all'incrocio dei pali. La tocco, con la punta delle dita, quel tanto che serve a mandarla fuori. Ricado altrettanto velocemente sullo stesso lato sinistro ma ormai ho imparato anche a cadere e dopo i primi lividi la cosa comincia a divertirmi, specie se il terreno era morbido al limite dell'impraticabilità'.
"Adesso proviamo coi piedi, ti ricordi come devi metterti?"
"Certo, ricordo tutto."
E' sicuro di quello che fa. Lo vedo che prende posizione.
Abbiamo lavorato sulla paura di tuffarsi ma dopo la prima sbucciatura ha preso coraggio e si tuffa meglio di come facessi io.
Faccio un passo all'indietro, guardo lui e guardo la palla.
Lui ha i gomiti appoggiati alle cosce, le gambe appena divaricate per la sua fobia di subire tunnel e quindi gol.
Sorrido perche' ha preso seriamente la cosa, forse troppo, ma penso vada bene cosi', di tempo per cambiare opinione ne ha ancora davanti.
Posiziono il piede d'appoggio, nel mio caso il sinistro, appena prima del pallone, allargo un po' le braccia e colpisco d'esterno la palla.
Che parte, si allarga, si alza.
Lui stacca improvvisamente, non me lo aspettavo, verso il suo angolo sinistro, allunga anche lui come me il braccio sinistro ma la palla l'ho calciata in maniera un po' infame, me ne rendo condo.
Quando succedeva cosi' mentre ricadevo a terra sentivo le urla dei tifosi e mi era chiaro che avevo subito un gol.
La palla disegna un arco, sta per passargli davanti e superarlo. D'istinto alza il braccio destro e apre la mano, grande come la mia, e respinge in avanti la palla. Ricade sulle ginocchia ma e' contento perche' non mi ha fatto fare gol.
Adesso rido di gusto, divertito, ora posso farlo. Vedo che ride anche lui, contento.
Si rialza.
Si spazzola via con le mani il terriccio che era rimasto sulle ginocchia e si incammina verso la porta di casa.
"Vado a dire a mamma che te l'ho parata tuffandomi."
Si, fai bene penso, anche io raccontavo tutto ai miei genitori, come fossero sempre presenti alle partite.

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