2 Giugno

2 Giugno, festeggio.
È la Festa della Repubblica Italiana. Dopo i due anni di stop dovuto al Covid a Roma, Capitale, torna la parata delle forze dell'ordine, della Croce Rossa, del personale medico, di politici, generali, partigiani, ministri, cardinali e figli di tutti questi...
Si o contento anche se non condivido il mondo militare, le parate, le bande musicali, specie in questo periodo storico, un questo giorno di ricorrenze grigie, buie, a due ore d'aereo da Roma.
Il 2 giugno, minuscolo questa volta, da calendario gregoriano, si taglia il tristissimo traguardo dei 100 giorni della "missione speciale russa in Ucraina", definizione subdola per non usare il termine giusto: Guerra. Perché lungo un fronte ad oggi lungo 1000 km quel che resta del popolo ucraino sta con attendo una guerra di resistenza per difendere la propria vita, il proprio diritto alla vita sulla propria terra, con i profumi dell'infanzia, dell'adolescenza, con i panorami del giorno del matrimonio o della laurea. Tutti questi ricordi stanno sparendo in questo giorno triste di ricorrenze mentre Turchia, Ungheria, UE, Usa, Italia, Paperopoli, Forlimpopoli, discutono a quanto pare con discussioni fatte di "si, però" cui rispondono "è ma tu allora", un po' come si discute da bambini per capire chi ha la colpa e si finisce sempre per non trovare mai il colpevole.
C'è un buon 20% di territorio Ucraina (compresi il Donbass e la Crimea ormai dal 2014 sotto controllo russo o meglio dire, nuovamente sovietico) che vive con l'esercito occupante fra le mura domestiche, calpestato nei luoghi del cuore, nei luoghi più sicuri.
Osservando Mariupol oggi, dopo le immagini quotidiane della battaglia dell'acciaieria Azovstal ripenso veloce alla graphic novel di Art Spiegelmann "Mais", dove i nazisti erano dei maiali e gli ebrei, gli internati dei campi di concentramento dei topi, mais in tedesco appunto. Perché questa associazione di pensieri?
Perché come topolini ingabbiati abbiamo visto le immagini di bambini, mamme, nonne, cercare di vivere una parvenza di vita normale metri e metri sottoterra, al buio a volte, senza acqua fresca, servizi igienici, uno scivolo e l'odore dell'erba appena tagliata.
Abbiamo visto come in una delle tante fiction di Netflix o Amazon il fuoco, il fumo, le esplosioni, le urla da casa nostra, pensando alle sanzioni, proponendo piani di pace con personaggi improponibili, espressione di una classe politica in confusione, impresentabile. E non è un caso se alla fine al Quirinale abbiamo rimesso Sergio Mattarella e se le telefonate verso Russia ed Ucraina partono da Palazzo Chigi, direttamente dall'ufficio del premier Mario Draghi.
La Festa della Repubblica ha portato una nuova parata, più fresca, sgargiante, forse anche desiderata nell'anno in cui forse in nome delle tante bandiere gialloblù che sventolano dai nostri balconi, una voce decisa e contraria si sarebbe dovuto alzare contro questa e tutte le guerre ancora in corso nel mondo.

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