L'estate che impazzisce

Oggi piove, piove da ieri ad essere sincero, almeno qui a nord. I giorni che mancano a fine agosto sono poco più di dieci. L'estate 2022, almeno per quanto riguarda il concetto di estate legato alle ferie ferragostane, sta per finire, e ad essere sinceri viene da dire meno male. Si, c'è scritto proprio così, meno male. Perché è stata un'estate malata, torrida, secca, fastidiosa.
Un'estate che è iniziata presto, sul finire di maggio. Un'estate che ha bruciato cieli, boschi, giardini, orti, gole, frutti. Qualsiasi cosa fosse esposta ai raggi del sole, alla sua luce. E come in tutte le estati l'ondata di calore è stata battezzata, Caronte in questo caso, ad uso e consumo di tutti. Il clima al di là del nome che si vuole dare è cambiato, è peggiorato perché è diventato un'arma, qualcosa di esplosivo in ogni momento.
È un'estate senza mezze misure, senza vie di mezzo: non piove, campi, orti e giardini di seccano, i terreni si spaccano. Le colture si bruciano sotto l'aria rovente della giornata estiva. Aria che brucia, costringe chi può ad anticipare i raccolti per salvare quel che si può, siano pomodori per l'industria, frutti, cetrioli o mais. Non piove, neanche una goccia, anzi brucia la penisola, da nord a sud indistintamente. Bruciano boschi, pinete, case e capannoni. Non sempre è colpa del clima, è vero, permane ancora un  inconcepibile senso del disprezzo umano per la vita e la natura, ma dove non è la mano dell'uomo è la Natura che lancia segnali. 
Fuoco o bombe d'acqua che siano, correnti d'aria gelida nere come la notte, tornadi, gli stessi che noi vedevamo fino a qualche anno fa solo in TV e solo nelle news provenienti dagli Usa. Non da noi, non qui a due passi dai monti, su littorali piatti e storicamente placidi.
Il discorso climatico, la discussione su quanto sia pazza ormai l'estate (per non scordare gli ultimi inverni insolitamente miti) non può non chiamare in causa l'economia del mondo, quella delle grandi potenze storicamente principali inquinatori del pianeta e altrettanto storicamente insensibili ai protocolli salva pianeta (da Kyoto in poi). Non è un errore dire che l'uomo e le sue scelte stanno influenzando la natura e non ey sbagliato nemmeno dire che la natura sta reagendo. 
Il termine scelto per spiegare questa estate di disastri è anglofono, "climate change", e senza bisogno di particolari traduzioni ci fa intuire quale sia il problema principale dei nostri giorni in riva al mare, finché il mare, il sole, il vento, la pioggia ce lo concedono.
Seguendo la logica più vicina del discorso da bar la colpa è nell'uso smodato che ancora si fa del carbone, l'anidride carbonica immessa nell'atmosfera, le megalopoli perennemente coperte, tappate, da cappe di smog degne dei migliori disaster-movie. Qualcosa che prima d'ora, degli ultimi anni potevamo vedere o leggere in qualche storia distopica, che mai ci saremmo aspettati di vivere in prima persona negli anni 2000.
Chi può intervenire massivamente per invertire questa rotta disastrosa oggi non lo fa perché l'economia messa in ginocchio da due anni di pandemia hanno rotto equilibri, imposto nuove regole. E dove non ha fatto danni la pandemia è arrivata l'ennesima guerra a trascinare verso il basso l'economia e con essa il clima, l'ambiente. 
Cina, Usa, Urss, India in ordine sparso i paesi che più inquinano, quelli che non sottoscrivono i protocollo, quelli in guerra, quelli che voltano lo sguardo altrove mentre il mondo brucia o annega, sembrano oggi più interessati a salvare i precari equilibri geopolitici che l'aria da respirare. E noi assistiamo impotenti a questa resa bellico-ecconomica che non ci prende un considerazione, che chiamiamo Caronte e la finiamo li. Alziamo la voce, urliamo nelle strade ma siamo realisticamente impotenti perché non dipende più solo da noi, uomini e donne semplici, che viviamo una vita comune. No, adesso dipende da altri, dalla fine del conflitto nel cuore dell'Europa, dalla conversione di fabbriche, industrie che sono tornate, o non hanno mai smesso di farli, di alimentarsi a carbone. 
Noi siamo come gli alberi in questa estate torrida; inermi e immobili lasciamo cadere le foglie ormai secche per nostra sopravvivenza, arrivando al nostro autunno già spogli.
Il momento è adesso.

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