Quindi da un lato c'è il pragmatismo cinese in merito alla guerra russo-ucraina, che continua a chiedere ai due protagonisti di questa drammatica storia, Putin e Zelensky, di parlarsi e trovare un accordo nel rispetto dei diritti dei civili coinvolti in questa guerra nel cuore dell'Europa e dall'altro c'è la carica a testa bassa della Russia, che dal palco delle Nazioni Unite per voce, profonda e minacciosa, del ministro Lavrov accusa UE, Nato e chiunque altro non la pensi come lo Zar di essere dittature intente ad attaccare (ovviamente per bloccare) la democrazia russa. Ecco, non esattamente le parole che avremmo voluto sentire in questi giorni.
Nel mezzo chi c'è?
C'è un mondo che non sa bene quale futuro l'attenda. Grandi potenze come la suddetta Cina e l'India che spingono per un accordo di pace, per la cessazione del conflitto e sicuri che la soluzione è in un accordo di pace fra le parti. Il resto del mondo guarda, non sa come, ma guarda. Ci sono gli Usa, stato e continente ormai a sé, perso nella ricerca di una leadership globale un po' arrugginita negli anni post-Obama e capace solo di regalare spiragli di instabilità (vedi la posizione presa su un altro argomento spinoso come Cina-Taiwan), espressione di amministrazioni al limite del presentabile. L'Europa o UE, appare avvolta su se stessa, persa alla ricerca di equilibri oramai compromessi, da decisioni molto politicizzate e sostenute, almeno ad una prima analisi, da scelte dal sapore meramente economico. Non un buon viatico per il futuro.
I paesi del Sud del mondo osservano da lontano, ognuno per altro alle prese con cambi di presidenza (Il Brasile ad esempio) o lutti imperialistici (Australia). Rimangono in attesa forse di capire che aspetto avrà il nuovo equilibrio mondiale.
Nel bailamme di situazioni geopolitiche in movimento il conflitto russo-ucraino continua, si inasprirà dopo il referendum farsa di fine settembre indetto da Mosca nei territori occupati: il consenso all'annessione alla Russia dei territori occupati ha avuto percentuali un tempo bulgare, ma con un mitra puntato sulla schiena il voto non può che essere già definito una volta usciti di casa. E ancora, da un lato c'è una Unione Europea preoccupata che spera che il continente non viri troppo a destra (ma non può forse questa uscita della Von der Leyen essere considerata una forma di ingerenza nelle democrazie altrui?), dall'altro il mar Baltico che all'improvviso ribolle di gas, quello stesso gas che tutti gli abitanti del continente europeo ad ovest di Mosca brama, desidera e spera che non rincari (alla borsa olandese il prezzo del gas aumenta a dismisura il costo al Mwh e forse forse il sospetto che questi aumenti siano pilotati da altre figure meno belliche di quelle prese a colpevoli finora viene) portando con sè nella sua ebollizione lo scambio di accuse reciproche fra Russia, Europa ed Ucraina confermando che la pace appare ancora un miraggio molto lontano.
Se le grandi potenze orientali chiedono la fine dei conflitti per dare equilibrio ai loro progetti di espansione economica la soluzione deve essere per forza veloce, immediata. A preoccupare è anche il silenzio marginale della Turchia simile a quello di un avvoltoio che aspetta la fine.
Questo è l'equilibrio scostante del nostro pianeta che, notizia dell'altro giorno, ha appena attuato un piano di difesa spaziale contro un solitario meteorite: che fosse un segnale?
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