Sono 450.
450 persone, ragazzi, giovani, futuro.
Un numero esagerato, folle.
Numero che riempie le cronache dell'Occidente, schiacciato com'è fra la guerra russo-ucraina, la legge di bilancio del primo governo a guida centro destra-molto a destra e il mondiale abbastanza flop qatariota.
Ecco, 450 è il numero che si lega al Mondiale FIFA con la protesta dei calciatori della nazionale andata storta alla Guida Suprema di Teheran ed ai suoi sodali, eminenze religiose, guardiani della Rivoluzione e polizia della moralità (descrizione quasi da film distopico). Una protesta in mondo visione, fatta di un silenzio pieno di sostegno, condivisione, voglia di libertà. Protesta che ha partorito l'offensiva degli ayatollah che hanno riversato su studenti e donne una rabbia religiosa, ferita nell'orgoglio, nella storia addirittura con la casa dell'ayatollah Kohmeini (padre tragico della condizione attuale iraniana) data alle fiamme. L'ottusa classe dirigente iraniana ha minacciato le famiglie dei calciatori semmai contro gli storici nemici statunitensi fossero arrivate altre forme di protesta. Ma se i calciatori hanno cantato l'inno sugli spalti donne truccare, coi bei capelli liberi nell'aria qatariota hanno esibito maglie con impresso il nome di Masha Amini.
Sono 450 i nomi e i volti di chi si è ribellato alla foga religiosa, all'irrealtà attuale, alla mancanza di diritti per uomini e per donne che non chiedono altro che la giusta libertà.
Sono 450 i nomi e i volti di chi non c'è più, di chi ha sentito il calore di pallottole penetrare la carne, il freddo del manganello sbriciolare le ossa.
E il mondo osserva ma guarda e commenta i mondiali sui prati artificiali, in un altro paese che non concede nulla alle libertà.
Sono 450 ma aumenteranno, perché la voglia di sentirsi liberi è forte, è un urlo che diventa ruggito, perché la paura di perdere potere e controllo è una bestia che non si può domare.
Sono 450 ma il mondo guarda distratto.
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