Un mondiale che finisce

La palla rotola lontana sul prato. Nell'aria l'odore della festa, dei fuochi d'artificio, dello champagne; il rumore delle pacche sulle spalle, il riflesso dorato di uno, due, trofei. Molti.
E l'odore dell'erba bagnata, l'odore primordiale, anche in mezzo al deserto, un po' artificiale e un po' no, acqua che bagna fili d'erba non sempre perfetti, non sempre verdi del colore naturale.
Finisce con il palco e le luci, fuochi d'artificio e stelle filanti coi colori dell'oro, quell'ora che permette di costruire uno stadio, prima ancora una città e ancora prima una ricchezza illimitata senza fine.
L'oro nel quale sguazza Zio Paperone e che olia gli ingranaggi di certo modo, lubrifica determinate dinamiche burocratiche ed ufficiali.
Il pallone rotola e si ferma dove altri piedi lo colpiscono fra i fili d'erba e i granelli di sabbia.
Ecco, la sabbia, che graffia, che toglie se in quantità considerevole.
Le coscienze, i punti di vista, tutto purtroppo postumo, dopo. A spettacolo iniziato e finito, a trofei, molti, alzati al cielo.
Dai maxi schermi nei souq anche loro artefatti, costruiti ad uso e consumo dei turisti e dei tifosi del pallone.
Pallone che diventa strepitoso veicolo per pubblicizzare lo stato, l'emiro, il potere. Al pari di una mazzetta fatta recapitare nelle stanze di Bruxelles.
Un pallone indossato dagli emiro come il più sacro dei bisht, indumento si più sconosciuto ma sacro e regale tanto da coprire le regali spalle del migliore nel momento dell'apoteosi globale. 
E pazienza se non si doveva infrangere un cerimoniale comunque storico, sacro per i tifosi e per gli addetti ai lavori. Pazienza se gli stessi addetti hanno tappato la bocca e chiuso gli occhi, voltandosi dall'altra parte, intenti magari a fare di conto del proprio tornaconto personale.
Il Mondiale con una delle finali più belle è finito, l'occhio di bue sul Qatar si chiude; restano invariati i diritti civili calpestati, i lavoratori che sono solo un numero e nulla più. Tutto rimane come prima, con immensi stadi nel deserto simili a monumenti al denaro e a chi ha perso la vita per costruirli.


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