I vasi di terracotta decorati con disegni e simboli colorati riempiono le grandi mensole disposte sulle pareti lungo i tre lati del negozio. L'unico lato, il quarto, senza mobili è la vetrina nella quale vi è l'ingresso direttamente dai portici.
Sono mobili in legno, decorato, color nocciola, da che ho memoria li vedo lì, alle spalle del dottore.
Tutti i contenitori sono ordinati sulle mensole, chiusi da grandi ante in vetro. Proprio il vetro mi permette di vedere tutti i vasi, i disegni impressi sopra, la descrizione di cosa contengono. Sono tanti.
Iniziano a salire verso l'alto da uno scaffale in legno posto venti centimetri sopra il piano in marmo bianco con venature rosate. Salgono tutti insieme, almeno quattro scaffali compongono ogni armadio.
Sono così tanti che mentre aspetto il mio turno li conto, tutti. Ogni volta.
Ci vado spesso per esigenze familiari, il dottore, la moglie, le figlie mi conoscono. Abito nella piccola calle che passa di fianco la farmacia, una delle piccole vie di uscita dai portici.
L'odore però è la prima cosa che mi colpisce della farmacia. Lo sento anche passandoci davanti quando è estate e la porta d'ingresso rimane aperta.
È un odore che non infastidisce, non è sgradevole, è particolare. Chiuso fra i mobili in legno e la vetrina non lo posso confondere. È un odore che è pulito, che profuma di prato, boschi, di balsamo. Sono le erbe officinali contenute in quei vasi di terracotta colorati. Riempiono l'aria della farmacia.
L'alloro, la rosa canina, l'altea, il marrubio, il finocchio, la calendula, l'achillea, l'aglio, la malva, la melissa, l'aneto, il timo, la salvia, l'origano, la camomilla, la menta e l'erba cedrina, tutte insieme. Divise ognuna nei contenitori che mi perdo a contare mentre aspetto il mio turno, e unite nell'essenza che ne esce. Che si muove libera nell'aria.
Li conto, ricomincio anche tante volte lo stesso giorno, perché mi piace respirarne l'odore prima ancora che osservarli. Non ho fretta, la mamma riposa a casa e io sono qui per lei. Guardo sui ripiani marmorei bilance che mi sembrano brutte, usurate dal tempo, pesi di unità di misura così piccoli che mi fanno sorridere perché dal mio punto di vista di bambino penso che non c'è nulla di così piccolo da pesare.
Sarà il mio papà un giorno a spiegarmi che il farmacista deve saper pesare soprattutto l'estremamente piccolo perché tutto quello che crea, che elabora nel suo laboratorio finisce nel nostro corpo sotto forme che non ci sono in natura, creme, pasticche, balsami e che ogni sua azione deve essere precisa anche più dello sguardo umano.
Altri contenitori, di vetro questa volta, sono adagiati sulla vetrina del bancone al centro della stanza, quello dove i dottori accolgono il cliente e lo servono. Ogni vaso ha un'etichetta scritta a mano, ognuna riporta calligrafie in corsivo come quelle che usavano i nonni, che da un preciso momento storico in poi abbiamo smesso di usare. Tutto all'interno della farmacia ha un'etichetta, una descrizione scritta a mano in corsivo, anche i bellissimi vasi colorati. Le leggo anche se ancora non so cosa voglia dire; sono troppo timido per chiederlo al farmacista, lo sono ogni volta, e come altri giorni in precedenza memorizzo le parole sconosciute e a casa la cerco sul dizionario.
Sul ripiano del bancone centrale in bella vista, commercialmente oggi si userebbe il termine di "zona A" però ci sono delle scatoline rettangolari colorate che catturano sempre la mia attenzione; le vedo quando saluto entrando, quando sposto lo sguardo da una parete all'altra. loro sono lì e io le vedo. Le studio, mi piacciono le tonalità delle scatole. Il giallo, il rosso, l'arancione. Sono posizionate su di un espositore a gradini, "in piedi" così che non si possa far finta di non vederle.
loro sono le caramelle Zigulì della Falqui, piccole caramelle dolci che per il loro alto contenuto vitaminico simile ad un integratore da sempre sono acquistabili solo in farmacia.
Loro sono la macchia di colore moderno all'interno della mia farmacia, della farmacia di Loreo; una al giorno, non una di più, la mattina, non si cambia.
Osservo le Zigulì ed osservo i vasi bianco con i decori azzurro acqua, come se fossero esposti in una drogheria di Trapani.
Aspetto che la signora farmacista torni dal magazzino con quello che devo portare a mamma e vedo un altro vasetto di vetro aperto, messo proprio di fianco alla cassa. Non ha il coperchio di vetro, ha al suo interno dei quadretti colore dell'ambra incartati singolarmente uno ad uno.
non hanno un nome scritto in corsivo che mi dica cosa sono, li guardo interessato.
La dottoressa mi da il pacchetto per la mia mamma, io le do i soldi per pagare il conto.
"Scusami, non ho le cento lire di resto, posso darti questi come resto?"
Annuisco perchè l'ho visto fare da mamma e papà in altri negozi.
La mano della dottoressa affonda nel vasetto di vetro senza coperchio, la apre, afferra quattro di quei quadretti e me li da.
La dottoressa è piccola, con i capelli corti e neri e gli occhiali appesi al collo da una catenella dorata, me li porge spostandosi dalla cassa. Mi ringrazia, ringrazio a mia volta e mentre mi dirigo verso l'uscita respiro ancora un pò di quel bouquet di erbe officinali.
Lungo i pochi metri che mi separano da casa scarto uno di quei quadretti colore dell'ambra e lo mangio.
E' dolce, molto, così dolce che sembra quasi amaro. E' sottile, si scioglie quasi subito, ha un sapore che mi ricorda l'Orzo Bimbo, "bim bom bam" mi viene oggi da canticchiare, la bevanda solubile che la mamma ogni tanto mi prepara.
Le caramelle che la dottoressa mi ha dato si chiamano Gonfietti di orzo (ecco perchè il sapore non mi era del tutto sconosciuto) prodotti in Italia dalla Sella Farmaceutici.
Negli anni '80 soprattutto nelle farmacie sostituivano il resto al momento di pagare il conto quando mancavano le monete, come d'altra parte si usava fare con i gettoni telefonici del valore preciso di 200 lire.
Tutte le altre volte che andavo in farmacia non ero dispiaciuto se non avevano monete da darmi, anzi un pò lo speravo.
Anni dopo sopravvivono in alcune farmacie quei vasi colorati, l'arredamento in legno decorato oggi, visto con occhi adulti, sembra stroppo austero; sopravvivono le Zigulì aromatizzate con tantissimi altri gusti ma è raro trovare quel vaso di vetro senza coperto pieno di Gonfietti.
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