E’
primavera da poco ma il caldo comincia ad essere pesante. Le giornate un po' più
lunghe permettono di godersi il tepore della sera anche dopocena, seduti sul
divano. E guardare la televisione alla ricerca di un sorriso. Anche se a volte
il sorriso diventa un ghigno infastidito, nervoso.
Alcune
sere la televisione rimanda immagini che si direbbe “si commentano da sole”,
quelle che se anche sei seduto comodo e cerchi di rilassarti ti innervosiscono perché
quando le vedi non sai darti una risposta. Soprattutto non sai spiegarti perché
stia succedendo.
Sconsolato
ascolti e vedi e pensi al 25 settembre 2022, alle ultime elezioni politiche. Pensi
che qualcosa sarebbe stato opportuno non fosse andato in questa maniera. Che il
risultato finale avrebbe dovuto lasciare intendere quale sarebbe stato l’epilogo.
Epilogo
che in quanto legislatura, è in divenire, oggettivamente lontano dal terminare
il lustro previsto. Siamo anche lontani dal primo anno di questo governo e
troppo spesso le sedute parlamentari a noi che votiamo e poi osserviamo, provocano reazioni urticanti.
E non è per chi governa, per il partito o la coalizione che occupa tutti gli scranni più ambiti, no. Sono anche gli altri, quelli che a rotazione rimbalzano all'opposizione a infastidire.
Infastidiscono nel momento in cui lo scopo di ogni intervento non è più mirato al bene dei concittadini, alla pubblica utilità ma diventa un intervento fatto "per dar contro", a questo a quel politico di turno.
Non basta aver eletto politici il più delle volte improponibili, con un trascorso lontano da quello del cittadino comune. Persone che fanno a gara, questa è l'impressione che dal divano recepisco, per sfiorare quell'atteggiamento da bar che in Parlamento non dovrebbe esserci, entrare.
Abbiamo criticato la Prima Repubblica caduta sotto i colpi di Tangentopoli ma con la fretta di chiudere i nostri personali conti con il passato abbiamo perso la classe di quella politica. Che non era meno polemica, non era meno velenosa, anzi, ma era più rispettosa dell'avversario e dell'elettore. Sventolare fogli A4 nell'aula (e chissà cosa c'era scritto davvero), sassi e ciottoli di presunto fiume, bandiere e poster assomiglia ad un suk malriuscito, con tante scuse a chi fra le tende colorate dei suk ci vive e lavora.
E sono risate, sberleffi, messaggi via social che indispongono, che danno ai nervi. E non c'è tepore primaverile che plachi il fastidio di vedere questa classe politica minore.
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