Il riflesso della luna piena quando entra nella stanza compie un giro strano.
Entra sbilenco da una finestra quasi piccola, posta in alto nel muro, troppo vicina al soffitto.
La luce riflessa della luna entra nella stanza dal punto più alto e abbraccia uno ad uno i pendenti del lampadario in vetro.
Si allargano altri riflessi, iniziano con la forma timida di un puntino colorato alla stessa altezza dei pendenti e poi scendono verso il basso, disegnano sui muri bianchi fasci del colore dell'arcobaleno, triangolari, sempre più larghi, ugualmente colorati. Si allargano mentre scendono a cercare di raggiungere il pavimento.
La stanza ha pochi mobili, ancor meno sopramobili e foto alle pareti; un baule quasi enorme per le dimensioni della stanza copre interamente una parete; il coperchio in pelle marrone, lucida, è travolto dai fasci di luce proiettati verso l basso dai pendenti del lampadario.
Mi siedo davanti a lui, incrociando le ginocchia.
Sollevo il coperchio, guardo al suo interno, lo faccio sempre quando ho un pò di tempo libero. ci sono pacchetti, scatole, grandi e piccoli, sacchetti di plastica con dentro tovaglie rifinite a punto e croce, lenzuola con tanti sacchetti di lavanda a tenere lontani età e insetti infestanti.
Cerco sempre la scatola a forma di valigetta con dentro le foto di noi, della mia famiglia. E' bianca e marrone, sembra fatta di cartoncino. La poso sul pavimento di cemento grigio, la apro.
Adesso le foto, la valigetta, le mie mani, il baule fanno parte del caleidoscopio di colori uscito dai pendenti del lampadario.
C'è il papà che mi tiene in braccio che ho pochi mesi, le basette lunghe, la camicia marrone con le punte del colletto esageratamente lunghe, i pantaloni dello stesso colore della camicia a zampa di elefante. Al nostro fianco un'auto rossa ci fa da sfondo.
Ne cerco altre, mie in costume da torero per un Carnevale di cui non ricordo l'anno, di mio fratello sorridente come sempre con gli amici o in divisa da calciatore. le sposto, le sfoglio.
In una piango perchè avevo paura del cane degli zii e non distinguevo il suo modo di abbaiare, in un'altra guardo lo zio zappa in mano che si prende cura dell'orto.
Cerco, metto da parte uno scatto forse troppo mosso di mio fratello che rincorre un pallone, una foto in bianco e nero molto insolita del papà con pizzetto e pipa che guarda i boschi avanti a sè.
La guardo in silenzio, se guardo ora il papà la foto non solo appartiene ad un altro tempo ma sembra quasi appartenere ad un altro mondo, altrettanto bello. L'unica macchia di colore sono i raggi che colorano ogni cosa nella stanza, ma si muovono nella foto. sposto la mano e un pò di colore finisce sui capelli neri di papà, sui pantaloni dal taglio militare, sulla mano che regge la pipa. La ripongo.
Ne cerco ancora una, adesso mi capita spesso, so che è a colori. So che ha come sfondo una spiaggia, so che nella foto c'è la mia mamma.
Che ride, che si mette ironicamente in posa per chi scatta la foto. Ha i capelli corti, mossi, neri come la pece, la pelle abbronzata color dell'ambra. Una mano accompagnata dal sorriso, è appoggiata su un fianco, l'altra sulla nuca. E' alta la mia mamma.
La foto ha i colori delle tonalità della sabbia, forse il tempo, forse il rullino della Polaroid del tempo, solo la mamma sembra sfuggire a quei toni con la pelle abbronzata e il costume intero color giallo, giallo del sole e dell'estate, che le abbraccia le curve, i fianchi e il seno.
E' colorata la mia mamma, alzo la foto davanti agli occhi, la guardo, guardo il fascio di luce che la investe; non da più colore di quello presente perchè la foto va bene così.
Ripongo tutte le foto nella loro scatola, la rimetto nel baule e lo richiudo, mi alzo.
mi dirigo verso la porta, la luna continua ad illuminare la stanza in quel modo particolare.
Guardo la luna, sorride, ha un costume giallo.
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