L'argomento è tosto, l'equivalente di un pugno allo stomaco, a certi livelli del mondo diventa quasi sgradevole da affrontare. A certi altri livello di contro, è gradito, ben accetto, utile per fare propaganda politica, non importa se pro o contro.
L'argomento è ampio, enorme, che valica ogni tipo di confine (geopolitico, sociale, ideologico), e non consente pause di riflessione, anche perchè chi dovrebbe riflettere prima di prendere determinate decisioni non lo fa, semplicemente non pensa, parla e basta.
Parla per accusare, non è molto importante chi perchè alla fine della questione tutto diventa un grande calderone con dentro vittime e carnefici, politica ed economia. Tutto diventa appiglio per attaccare, contrattaccare dalle proprie poltrone, al caldo di ufficio o karaoke, troppo fedeli al detto "canta che ti passa", che nulla questa volta deve passare.
Perchè il mare è fatto per la pesca, per il sole, per la vita, non per la morte, non per diventare luogo di morte, astio, ritorsioni, polemiche a chi c'era prima, a chi verrà dopo.
Il mare è diventato anche terreno di scontro fra chi quel mare lo abita, lo vive, su di un'isola, su una penisola, poco importa.
Mentre il mare fra la schiuma delle onde ingrossate dal maltempo e la risacca riporta tracce di vite finite ancora prima di cominciare, resti lignei di speranze a date in frantumi, cè un intero continente che finge di non vedere, di collaborare quando e se i fatti e le vicende non sono drammatiche o letali. In caso contrario quella ventilata unione, rigorosamente minuscola, rimane su posizione di divisione, voltandosi quasi in modo infantile dall'altra parte come se un popolo che vive circondato dal mare non debba essere supportato.
E' un argomento fastidioso, urticante, indigesto da affrontare, in particolare quando protocolli, silenzi, degli altri (altri che sono stati che vivono e guardano lo stesso mare) vengono alla luce, assieme alla evidente incapacità di chi dovrebbe far sentire e vedere la propria presenza quando la situazione rischia drammaticamente di sfuggire di mano.
E invece nel silenzio di un continente individualista, egoista, quasi menefreghista, l'unico a metterci la faccia è chi aveva deciso di restare per aiutare lo stato, in minuscolo per carità, ad uscire dal "cul de sac" in cui si era ritrovato, per decisioni scriteriate dei propri politici per altro. Altri negli stessi giorni hanno deciso di osservare infrastrutture altrui, festeggiare compleanni, cantare assieme agli amici, o presunti tali quantomeno, canzoni della quale forse non hanno compreso appieno il senso, le parole.
forse più probabilmente non hanno capito come si fa a governare un paese anche quando succedono eventi drammatici.
Forse questo è quello che dopo questi ultimi travagliati anni ci meritiamo, forse con le foto date davvero sapientemente in pasto alle agenzie, sono davvero questi i politici che ci meritiamo.
Commenti
Posta un commento