Kosovo, ventiquattro anni


Da febbraio 1998 a giugno, l'11, 1999 il calendario dice che è passato un anno e poco più. Poco tempo in fondo se si tratta di lavoro, scuola, vita quotidiana. Un tempo che si dilata a dismisura se i giorni passano rincorrendo il nemico, che poi ha lo sguardo e le sembianze del tuo vicino, del tuo compagno di banco. Da quell'11 giugno 1999 oggi, sono passati ventiquattro anni. Non pochi, il tempo esatto che si formi una persona, uomo o donna che sia. Che forse non avrà ricordi legati a quell'anno specifico e poco più se non racchiusi nelle parole e nei racconti di padri, cugini, nonni. Racconti che parlano di guerra, di guerre, una dopo l'altra in quella che un tempo era la Jugoslavia di Tito, elemento di equilibrio della regione. Quei Balcani che da un certo punto in poi della Storia sono implosi in loro stessi, nella loro cultura e nella loro diversità, racchiusi per sempre nei nomi di carnefici e vittime, luoghi e sacrifici storici e drammatici.  Alla base dunque c'era il contrasto fra le etnie che abitavano quella che con Tito era la parte più povera della Jugoslavia, il Kosovo, a maggioranza albanese, inviso a parte dei serbi lì residenti, terreno fertile per guerre e guerriglie, sommosse e poeti. L'Uck e l'esercito serbo, Rugova (poeta, premio Sakharov per la libertà di pensiero) primo presidente, la convivenza un po' forzata un po' no sotto l'egida Nato, Kfor, sempre più presa nel mezzo del contrasto che oggi che siamo nel 2023 riesplode, ferisce, sfregia una nazione, due nazioni, gente sempre gente normale, come noi.  Lo status del Kosovo, riconosciuto tale dalla comunità internazionale è un pugno allo stomaco di quel che rimaneva della Jugoslavia che fu di Tito e allora era di Milosevic. Riesplode la lotta e forse il ventiquattrenne di oggi che ha ascoltato i racconti dei padri e dei nonni, crede nella lotta, nelle targhe imposte, cambiate, tolte per rivendicare le proprie origini. A guardare bene questi primi giorni di crisi (che non sono i primi e covano nell'ombra, quasi in silenzio da anni) ricordano altre fiamme iniziate un po' in sordina e divampate all'improvviso poco lontano da casa.

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