Mentre il sole va e viene minacciando un nuovo temporale pedalo verso nord accompagnato dalla radio che mi parla dentro gli auricolari. Pedalo, osservo, ascolto, rifletto. Non di luce propria purtroppo ma su quanto accade in questi giorni di estate balorda.
Incrocio una distesa di tulipani che si è fatta strada al sicuro del grano e lo speaker del radiogiornale spiega che i soldi del Pnrr non sono a rischio, ci mancherebbe, solo la Commissione arrivata in Italia da Bruxelles deve capire dove intendiamo spenderli. E come. Semplice. La notizia mi trova d'accordo ma non posso non pensare che il precedente governo aveva definito le linee generali su come spendere questi soldi. Esattamente. Soldi che ci vengono dati per essere spesi, quasi un regalo a scatola chiusa. Mi ricordo anche che ad ottobre 2022 ad elezioni finite e archiviate si ricominciò a parlare di porti chiusi, di sbarchi da stipare e di ponti, tanti ponti, per unire il paese. Dei lavori legati al Pnrr non si seppe molto altro se nonnelle dichiarazioni varie e vane del ministro preposto alla loro gestione.
Restiamo qui di un attesa di capire come andrà a finire.
E mentre finisce un'altra canzone e attendo che il passaggio a livello si alzi e mi faccia passare mi colpisce con stupore la notizia che secondo il premier il paese è in ripresa, che lo ha esternato dal palco agli imprenditori, che siamo tornati centrali in Europa, che quindi è confermato esistere ancora anche se non se ne percepisce ancora la struttura. Siamo meglio di Francia e Germania, addirittura. Vero, in parte, ma non siamo ancora nelle condizioni di urlarlo dalle balconate. Strudel un po' questo entusiasmo come il freno sul pneumatico nuovo.
Bevo un lungo sorso d'acqua dalla borraccia; valuto se il tiglio che mi guarda dall'altro lato della strada può essere il riparo giusto per una pausa.
Immigrati. Immigrazione. Barconi. Così, in filo uno dopo l'altro i termini al momento più diffusi su stampa e veline di governo.
Dopo le carezze dell'eurozona seguite al disastro di Cutro la certezza è che siamo soli, che nessun paese accetterà anche un solo immigrato in più di quanto concordato, che dovremo cavarcela da soli e che naufragi disastrosi come l'ultimo in Grecia si ripeteranno ancora. Purtroppo. A certificare questa solitudine che non si vuole vedere i due partner politici del nostro governo, quella Polonia e quella Ungheria, sovraniste oltremodo, capaci di tenere in scacco l'Unione una giornata intera senza che questa potesse anche solo cercare di opporsi. Con lo scacco al partner italiano all'Europa sono rimaste solo le dichiarazioni annacquate del presidente Michel. Parole da interpretare vista la mancanza di accenni ad aiuti e salvezza per chi cerca un approdo sicuro.
La discesa piuttosto dolce mi regala un po' di aria fresca, quella che manca all'Europa, quella che manca al nostro Parlamento ed alla nostra politica. Forse manca a tutto il mondo, in tutte le sue sfumature sociali ed economiche.
Dopo la discesa riprendo con la salita. Ci sono tigli tutto attorno a me, garantiscono ombra e fresco ma dopo il temporale notturno hanno reso la strada scivolosa. Proseguo piano, con attenzione. Cosa che non succede a Roma, a Bruxelles, dove si procede a strappi veloci, inutili.
Lo dice anche lo speaker della radio.
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