Tempo d'estate, di superlune e feste di paese, grandi o piccole, mondane o solo per i pochi che le conoscono. Ecco, dovremmo definire questa stagione la stagione delle sagre o dei festival, manifestazioni in cui noi italiani siamo bravi. Territorio, cultura e gastronomia ci pongono un passo avanti a qualsiasi altro paese.
È però anche tempo di summit politici ed economici, quasi tutti organizzati in località turistiche esclusive, lacustri nel nord del paese, in masserie rurali rimesse a nuovo nel sud, giusto per dare un pizzico di leggerezza in più all'evento. E a margine dell'evento principale c'è sempre, ci sarà sempre, una ridda di dichiarazioni che si staccano dall'argomento principale ed entrano a piedi uniti nello scontro politico. Sempre.
Come sempre appunto, c'è un margine da riempire di parole che noi che non siamo presenti possiamo leggere a mezzo stampa.
E leggendo a mezzo stampa a volte capita che un po' i pugni si serrino, un po' "ci si incarognisca" perché si percepisce dalle prime righe, sempre, dichiarazione dopo dichiarazione, lo scollamento con la realtà di chi parla, esterna addirittura pontifica dal palco del festival. In questo caso a guastare il caffè della domenica mattina il Festival del Lavoro di Bologna, dove a noi che non partecipiamo sembra sempre che non venga fatto nessun passo in avanti in termini di sicurezza in primis ed economici poi. Dal palco di Bologna si parla, si discute, partecipano i consulenti del lavoro, i ministri, gli imprenditori e finanche i sindacati. Quindi teoricamente anche i lavoratori che però si sa, non sempre vengono correttamente assistiti dai sindacati.
L'argomento è, dovrebbe essere il lavoro, a 360°, in tutte le sue forme e declinazioni: sicurezza, salute, salario, diritti. Ma sembrano sempre più, anno dopo anno, un insieme di termini accattivanti per una brochure o un poster pubblicitario.
Anno dopo anno non cambia nulla per l'operaio e l'operaia della fabbrica, delle linee di montaggio, per l'operaio del cantiere sotto il sole dell'estate, per il cameriere che deve sempre sorridere, per il commesso che viene sottopagato anche nei festivi, per l'insegnante che vive nel precariato praticamente da sempre, per i medici e gli infermieri che lavorano H24 con stipendi immobili da qualche anno. Non cambia nulla neanche per chi lavora nella sicurezza, nel trasporto valori, cui dovrebbe bastare a riappacificare gli animi un aumento di pochi centesimi l'ora: centesimi.
E la sicurezza, intesa come salute e sicurezza sul luogo di lavoro? Quali norme escono da questi festival? Quanto più sicuro è il lavoro oggi? A giudicare dai numeri in costante aumento verrebbe da dire poco o nulla, perché continua lo stillicidio di persone che escono di casa per andare al lavoro, per poter poi in futuro godere della propria fatica e a casa non tornano più. E sono giovani uomini, giovani donne, persone comuni o in alcuni casi persone la cui età non dovrebbe essere associata alla parola lavoro, ancora oggi nel 2023.
Dai palchi escono parole melliflue, quasi sempre positive dal mondo politico ed impreditoriale, fintamente agguerrite dal mondo sindacale perché il peso ad oggi del si dacato non è lo stesso che aveva fino a trent'anni fa, questo è palese.
E a margine di tutto quello che riguarda il mondo del lavoro, ci sono altre dichiarazioni, ministeriali, volte forse a rassicurare chi da lavoro e chi lavoro in merito all'Italia, terra di sagre e festival, alla terza rata del Pnrr da incassare dall'Europa. Rata che da un po' di mesi sembra a rischio ritardo, rata che mette in imbarazzo il ministero preposto alla gestione di tali fondi, rata che dipende dal rapporto della Commissione inviata a Roma da Bruxelles. Rata che, per inciso, è fondamentale per proseguire il cammino del paese verso la ripresa in questi lunghi giorni post crisi e post pandemia.
Anche in questo caso le parole intervengono in aiuto del ministro, dell'oratore di turno, come i giochi di magia dei maghi dilettanti.
Il lavoratore che legge e pensa e timbra il cartellino sa che non saranno mesi facili, che la Quattordicesima mensilità, chi ne ha diritto ovviamente, dovrà essere centellinata e servirà da piccolo paracadute almeno per i successivi due mesi. Perché noi che ai festival non ci andiamo siamo abituati a fare questo tipo di conti, indipendentemente dalla Commissione di Bruxelles perché in tutta la ridda di parole e paroloni dette, urlate e scritte, salario minimo non sono mai state pronunciate, quasi fosse un tabù per organizzatori e partecipanti. Anzi, termini ad uso esclusivo dell'opposizione. E siamo abituati ai tempi lunghi per la salute, ai disagi per i figli a scuola, a piangere colleghi e amici che non rientrano dal lavoro. Altro che Festival del Lavoro, Festival di Sanremo o meglio ancora quello di Sanscemo, sicuramente meno demenziale di questo.
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