Ferragosto.
Non lavoro.
Incredibile ma vero. Il caldo ha un peso specifico fastidioso. Esco di casa pigro, solo per comperare il giornale e fare colazione.
So già che la città oggi ha più attività chiuse che aperte ma anche godersi la città così vuota ha il suo fascino, pacofico. Fino a pochi anni fa, fino alla Pandemia per la precisione, il 15 agosto era anche per me un normale giorno lavorativo da recuperare poi un giorno entro la fine del mese stesso.
Sono libero, cammino, la città è meno vuota di quel che mi aspettavo. I pochi, pochissimi ad onor del vero locali aperti sono presi d'assalto da gruppi piuttosto eterogenei di turisti. Di tutte le età, di nazionalità diversa che stanno scegliendo la mia città come meta turistica, mordi e fuggi o per una sosta più lunga, in questi giorni di estate incerta.
Bene, benissimo direi con l'animo del commerciante che poi è il mio lavoro. Il turismo anche in città è un volano stupendo per altre attività ad esso correlate ed ora che la Pandemia è lontana si stanno raccogliendo i frutti di sacrifici e restrizioni anche pesanti.
Bene. Continuo fino al primo bar aperto la mia passeggiata, accostato di tanto in tanto dal treno di appassionati bikers austriaci che pedalano lungo la stupenda ippovia che da Tarvisio porta al mare di Grado. Udine è una sosta a metà strada, un po' più lunga se si passeggia fino alla sommità del colle morenico che ospita il Castello cittadino. E non solo, anche il Civico Museo e il suo Tiepolo, i palazzi Liberty del centro, altre piccole o grandi gallerie come Casa Cavazzini. Insomma fra le città piccole è una piccola città d'arte, o almeno ci si è fatta qualificare tale per poter gestire al meglio le aperture nei giorni festivi, evento ormai che ha le sue origini alla fine del secolo scorso.
Sempre bene. Mi siedo, osservo, penso, parlo.
Leggo del ministro San Giuliano che va qesternando che tutti i musei del territorio saranno aperti ai turisti, al pubblico, ai turisti e agli abitanti delle stesse città. La trovo una cosa stupenda, corretta se un paese, una città può offrire a chi la visita la visione del proprio patrimonio culturale. Perché anche in questo caso il patrimonio culturale ha una ricaduta in termini economici notevole su quello che in termini tecnici si chiama indotto. Ecco, questo da commerciante è più che bene a che se....
Anche se io oggi sono chiuso, tanti altri negozi lo sono perché è un giorno di festa, anche i ristoranti sono chiusi, quasi tutti quelli del centro storico, le caffetteria, pasticcerie e bar pure e le poche aperte hanno coda come all'autogrill.
E questo dal mio punto di vista di commerciante, di ex dipendente della ristorazione, è un difetto enorme di questo Paese e di mille ed una legge sbagliate. E storico. E non si tratta solo di aprire i musei "il dì di festa", no si tratta di lavoro, di contratti per tutte le categorie coinvolte nelle aperture festive e nei servizi da dare al cliente.
Da una nuova e ottimale gestione del lavoro, dei contratti ad esso correlati, nasce un servizio migliore, efficace, completo. Non zoppo come quello che attualmente stiamo offrendo; non può essere tollerabile che il turista debba ricorrere all'unico market aperto per una bottiglia d'acqua. E che nel pomeriggio sia quasi impossibile sedersi a bere un caffè o qualcosa di fresco.
Questo perché fra le varie categorie non c'è coesione, non ci sono condizioni di lavoro uguali e favorevoli.
Nessuno però dalla televisione ci illustra i benefici di un contratto di lavoro onesto, completo, che parifichi le varie categorie legate al turismo e al turismo d'arte (per tacere del lavoro stesso nella sua forma più completa). Da Roma parla solo il ministro della Cultura ed è già tragicamente divertente.
Parlo, discuto.
Anche se è festa.
Il lavoro, come lavoro fisico e contrattuale, è da rivedere a partire dal salario minimo e su fino a garantire la giusta dignità a tutti i lavoratori.
Al di là di un Tiepolo che ti guarda dal Castello.
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