Natale senza tregua

Appostati davanti una parrocchia, mimetizzati fra palazzi e macerie, polvere e sole a due passi dal Natale. Un Natale in tono minore, senza luci, senza alberi, senza vita. 
Betlemme, Gaza, il confine non è lontano, il confine forse si sovrappone. È un Natale di guerra, l'ennesimo per questo mondo alla deriva ormai, che pianifica invasioni, attacchi, operazioni speciali chiamiamoli come più ci pare ma la realtà non cambia 
I cecchini israeliani continueranno a sparare senza distinzione, a vedere mimetizzati da donne anziane, da donne giovani i terroristi di Hamas. 
Sotto le macerie ogni giorno rimane qualcuno, un qualcuno che diventa numero importante, pesante. Ormai la conta dei caduti dei palestinesi chiusi nella Striscia di Gaza, che si riduce ogni giorno che passa ad un fazzoletto di terra e poco più, dopo l'altrettanto folle attentato del 7 ottobre 2023 (l'attacco al rave party nel kibbutz Re'im costato la vita ad almeno 260 giovani israeliani) la stessa Striscia è diventata tomba e prigione.
L'attacco israeliano è stato feroce come da molti anni non se ne aveva notizia (nei miei cinquant'anni di vita questo tipo di notizia si perde nell'adolescenza o prima), quasi indipendente dalla volontà di liberare o meno gli ostaggi nelle mani dei terroristi; ostaggi che a volte tornano a casa, altre cadono vittime del fuoco amico.
È un Natale che non ha senso, proprio lì, dove storicamente sappiamo esserci Betlemme, luogo di nascita di Gesù. 
Vicino alle macerie, alle bombe lanciate dai droni, quei droni che rimandano immagini in bianco e nero con auto, case, uomini nel mirino pronti a venire abbattuti senza nessuna possibilità di salvezza.
La cosa più difficile da comprendere per noi occidentali, che per inciso questa fetta di mondo l'abbiamo vista sempre in perenne conflitto in una sorta di tutti contro tutti, è proprio la posizione dello stesso Occidente.
Quasi a riportarci al 24 febbraio 2022, all'inizio "dell'Operazione Speciale" della Russia che altro non era ed è un'invasione militare di parte dell'Ucraina. 
Anche in quei giorni d'inverno il mondo occidentale si divise non senza polemica, come ora e temo come domani, su chi si oppone a a questo intervento militare e proponeva aiuti e chi ne era a favore. Il mondo geopolitico probabilmente è regolato da meccanismi che a noi persone normali sfuggono, risultano forse incomprensibili. 
Incomprensibili perché nessuno verso Israele ha avuto reazioni simili (veti, sanzioni, risoluzioni; parole queste che ciclicamente la geopolitica ci propina) a quelle contro la Russia eppure stiamo parlando di terrorismo, separatismo, cecchini, massacri, torture, in Europa come in Medio Oriente.
Nessuno dei "capi" politici di Hamas o di Israele ha fatto un passo verso l'altro per cercare un accordo, un punto d'unione che sancisca la fine del conflitto.
La politica israeliana continua a soffiare sui venti di guerra, i cecchini continuano a nascondersi fra le macerie, fra le dune di sabbia e sparare, ignorando le regole di ingaggio (purtroppo ampiamente saltate fin da subito) e di non coinvolgere i civili.
Mentre le luminarie si accendono in Occidente in Medio Oriente è l'ora del buio, della notte che pare non finire mai.
Esattamente come in Ucraina e in tutti gli altri angoli sconosciuti o no di questo pianeta, stretti in conflitti senza fine.
È natale, minuscolo e doloroso.


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