È un weekend di metà gennaio, avresti solo voglia di leggerezza, pensieri magari futili, divano, giornale, magari film e leggere. Ecco, leggere, tutto e di tutto.
Il problema è proprio questo, leggere. Perché leggo news che mi preoccupano, leggo notizie dal mondo che non riesco più a capire dove mi stia portando.
Il 2024 porta con sé ricorrenze nefaste, drammatiche, economicamente e politicamente difficili.
A febbraio (ad oggi mancano circa quaranta giorni) saranno due anni dall'inizio dell'Operazione Speciale russa in Ucraina e dopo la pioggia di missili su quest'ultima nel corso di questa settimana la fine, uno straccio di spiraglio per intavolare una trattativa di pace appare quanto mai lontano. Con buona pace di Europa e Nato. Appare chiaro che il pellegrinaggio a Kiev sia ormai un atto dovuto di tutti i nuovi premier e ministri che si insediano nei vari governi degli stati facenti parte dell'UE (ultimo in ordine di tempo il neo eletto ministro degli esteri francese Sejourné) non faccia mai compiere un passo avanti verso la pace, il cessate il fuoco tanto atteso. Anzi sembra sempre il suo contrario.
Attendiamo la visita di Zelensky nella Svizzera Davos, sinonimo di economia, grandi numeri, strategie.
La Russia rimane in silenzio, esterna poco, osserva e bombarda.
In questa prima metà di gennaio il calendario scandisce un'altra ricorrenza drammatica: i 100 giorni del conflitto israelo-palestinese scaturito dopo gli assalti di Hamas ai kibbutz israeliani.
Cento giorni in cui Gaza e i suoi abitanti sono gradualmente stati cancellati dai soldati di Davide. Sono stati sommersi da piogge di fuoco, cemento, pietre, senza distinzione apparente fra terroristi, soccorritori, donne anziane, bambini. Una strategia semplicemente di fuoco, violenta, come spesso da questo del Mediterraneo abbiamo letto e sentito. Abbiamo visto. Personalmente è dal 1982, Libano, Sabra e Shatila, attentati in aeroporti, sinagoghe, città... Da questo parte di mondo continuo a ricevere lo stesso tipo di notizie, i popoli contendenti continuano a vedersi armare le mani da "stati canaglia" e da "potenze militari" perché (oggi più di ieri in verità) mi appare chiaro come sia suddiviso nel mondo, in questa porzione ma anche in altre, il potere geopolitico ed economico.
Continuo a vedere generazioni orfane, mutilate, arrabbiate, piene d'odio per gli avversari, qualunque essi siano. Ed oggi più di ieri appare chiaro che è una situazione che conviene non mutare piu6di certi limiti. Appena si arriva al confine e dopo cella pace, ci deve essere un momento un cui non ha più un senso logico sparare, bombardare, tutto si ferma. Emergono da entrambi i lati personaggi ambigui, nuovi che pianificano altri interventi, altre guerre, altri attentati. Un circolo vizioso incentrato nell'odio reciproco, sostenuto di milioni di dollari.
100 giorni che non saranno sufficienti a scrivere la parola fine purtroppo.
Appena qualche coordinata più a sud di Israele e Palestina c'è uno stato posto al limite meridionale della Penisola Araba. Un paese all'imbocco del Mar Rosso, economicamente importante per il transito mercantile da e per l'Europa (dall'Asia all'Europa il passaggio di merci via Suez in Egitto consente un notevole risparmio di tempo rispetto alla circumnavigazione del continente africano). Un paese che ciclicamente viene mostrato all'Occidente come accattivante, selvaggio il giusto per visitarlo, viverlo in qualche resort. Parlo dello Yemen, stato che nessuno ricorda quasi mai quando si parla di mondo arabo. Paese bello, affascinante senza dubbio ma fra i più pericolosi del mondo. Guerre, guerriglie a Sana'a (la capitale) e dintorni hanno contraddistinto la vita nello stato affacciato sul Mar Rosso negli ultimi quarant'anni (ma andando a ritroso nel tempo si scopre che forse gli yemeniti non sono mai stati in pace).
Sono notizie di questi giorni, per noi occidentali post festività, che la pirateria commerciale capitanata dagli Houthi (ci appaiano come la versione yemenita di Hamas ed Hezbollah) compie assalti continui alle navi mercantili in transito, mettendo di fatto in ginocchio buona parte dell'economia mondiale. Gli assalti sono filmati, ripresi da microcamere connesse col web quasi che gli assalitori si sentissero youtuber in guerra con il mondo. È drammatica invece la situazione perché non sono pirati come romanticamente Salgari e gli altri ci hanno fatto conoscere ed amare; non c'è un capitano Morgan, non c'è un Sandokan che viene rapito dagli occhi chiari di Lady Marianna, no. Ci sono soldati, militarmente addestrati, e questa è la spia di quanto queste azioni che a noi arrivano improvvisamente allora del telegiornale siano studiate, provate molto tempo prima di essere messe in atto. Sono armati diarmi ed armamenti come qualsiasi esercito del mondo,.segno evidente che alle spalle c'è chi arma le loro mani e può permettersi di farlo. L'assalto ai mercantili, quelli che decidono di attraversare il Mar Rosso diretti a Suez ( c'è chi dispendiosamente ha deciso per il periplo dell'Africa), ha portato all'intervento massiccio in due giorni di Usa e GBR, altro segno evidente di come questa più di altre guerre rivesta un interesse economico planetario.
I pirati, gli Houthi rispondono con assalti, video in cui fanno rivivere gli attacchi ai kibbutz isaeliani simulandone di nuovi, appoggiando apertamente la causa palestinese.
La speranza di pace, qui in Yemen come in Palestina e in parte in Ucraina, coinvolge Turchia ed Arabia Saudita; paesi più moderati, interlocutori sia del mondo arabo che del mondo occidentale. I due paesi invocano la mediazione nel Mar Rosso e a Gaza mentre all'Onu si conferma la spaccatura fra chi è a favore dell'intervento e chi no.
E questa spaccatura non può portare a nessun passo in avanti nell'immediato, a nessuna trattativa di pace vera.
Il perché risiede nella composizione negli stati del Consiglio di Sicurezza dell'Onu (i cinque stati che hanno vinto la Seconda Guerra Mondiale: Cina, Francia, Gran Bretagna, Usa e Russia più dieci stati membri eletti ogni due anni); per tutte le decisioni che come in questo caso porterebbero alla fine di un conflitto serve il voto positivo di nove stati membri su dieci, bene si direbbe. Esiste però il diritto di veto; se uno degli stati membri permanenti (ricordate chi sono?) da voto negativo ad auna risoluzione del Consiglio ci si ferma, si può chiudere ogni discussione. Ora, con la Russia attualmente impegnata in un conflitto da lei provocato, nell'orbita di aiuti militari da parte dell'Iran (nella lista degli stati canaglia degli Stati Uniti da che ne ho memoria coinvolto senza se e senza ma nei conflitti che infiammano il Medio Oriente con laperto sostegno ad Hamas, ad Hezbollah e agli Houthi, oltre che appunto alle forniture di droni militari alla Russia), che siede permanentemente al tavolo del Consiglio di Sicurezza quante speranze possiamo avere per vedere concluse queste guerre e guerriglie nel nuovo anno?
Poche e forse si pecca di ottimismo. Poche perché c'è un chiaro interesse a fomentate ondate di odio, ribellione, sangue.
Non c'è più nulla di placido nella mia giornata, tutto passa in secondo piano. Il telegiornale assomiglia ad una ferita aperta.
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