2024, road to Bruxelles

I giorni 8 e 9 giugno 2024 sono evidenziati nelle agende degli elettori europei; quelli infatti sono i giorni in cui fra le altre cose si rinnova il parlamento Europeo, si decide insomma che linea dare ai progetti futuri del Vecchio Continente sempre alle prese con (non solo all'interno sovranismi, transizioni green e proclami di pace. Gli elettori italiani sanno che quelle due date avranno un peso specifico non tanto a Bruxelles quanto sugli equilibri politici interni. E come in tutte le vicende politiche nostrane si tessono trame e alleanze che non hanno molta attinenza con la realtà. Realtà sia sociale che politica a dire il vero. Il disegno di queste campagne elettorali europee negli anni passati spesso è passato inosservato all'elettore comune, troppo legato al simbolo del partito, alla sua ideologia. Non si aveva forse la voglia di interessarsi davvero alla composizione delle liste elettorali. Si aspettava la presentazione del simbolo, delle liste, si prendeva la scheda elettorale e si votava secondo preferenza nel segreto dell'urna. I simboli di partito anche nelle tornate elettorali europee erano gli stessi delle amministrative. I volti dei protagonisti erano quelli noti all'elettore, quelli che dal palco presentavano il candidato ideale per lo scranno di Bruxelles. Per usare un termine sportivo "tiravano la volata" al candidato. Candidato che era legato al territorio, alle macro circoscrizioni che in occasione delle elezioni europee venivano create nella penisola. E' ancora così? No, decisamente. Tutti i partiti politici in corsa puntano al 4% (sbarramento necessario per arrivare a Bruxelles) e a non disperdere voti utili nel territorio. Il governo Meloni è frutto di una coalizione a tre fra Fratelli d'Italia, Forza Italia e Lega; coalizione che stenta, zoppica. L'obiettivo dei tre partiti di maggioranza è attirare un voto in più del partito alleato, questo appare chiaro nelle dinamiche del centrodestra. Lo specchietto per le allodole non è altro che il nome sul simbolo, l'uso del candidato "acchiappa-voti". Ma non solo a centrodestra sia chiaro si usa questo sistema di campagna elettorale; a centrosinistra si urla alla vittoria quando sul simbolo del decadente Pd si aggiunge il nome della segretaria Schlein. L'elettore può essere spiazzato da queste manovre, può trovarsi a votare un candidato che non andrà in Belgio ma che al tempo stesso toglie il seggio ad un candidato magari più preparato. L'associazione simbolo-nome c'è in Fratelli d'Italia con Meloni anche se in Europa è vicina agli spagnoli di Vox; c'è in Forza Italia con Tajani che però nel parlamento europeo vive all'interno del Ppe. Ci prova il Pd con la segretaria Schlein al canto del cigno dopo le debacle in Abruzzo e Basilicata e la fine del campo largo. Gli altri? Salvini punta forte sul generale Vannacci cui i successi di vendita dei suoi libri evidentemente hanno regalato un lungo momento di favore. La cosa stonata, stonata anche per i leghisti di vecchio corso, è l'aver candidato il generale a Nord Est. Vedremo cosa diranno le urne. Non che a sinistra manchino le polemiche, non fosse altro che per il fatto che il duo Renzi-Calenda non condivide la campagna elettorale e quest'ultimo in particolare ha saputo litigare con tutti i probabili alleati. Alleanza Verdi Sinistra dell'altro duo Bonelli-Fratoianni ha estratto dal cilindro il coniglio a sorpresa di Roberta Salis, l'insegnante detenuta in Ungheria. Ecco, in questo caso apprezzabile il gesto di voler sottrarre al carcere ed alle catene una connazionale ma sembra più un'azione capace di rivelarsi un pericoloso boomerang per il duo sinistro-ecologico. Chi rimane nella conta dei candidati? Rimane l'ex premier Conte che nel simbolo del M5S inserisce solo la parola pace, desiderio più che giusto, mossa di marketing politico pure apprezzabile. Strategia pura è invece il candidato nel Sud: Tridico. Si, quel Tridico, quello che in piena pandemia da Covid mise le mani avanti dichiarando che l'Inps aveva finito i soldi. Ci sarebbe da ridere se la realtà non facesse piangere.



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