Jina Mahsa Amini e Raisi

Forse può sembrare irrispettoso, forse crudele, forse ancora sbagliato eppure è così anche se può non sembrare ma solo da dove viviamo noi.
Oggi, 22 maggio 2024, in Iran si svolgono i funerali del presidente Raisi morto in un incidente aereo ai confini con l'Azerbaijan, il 19 maggio. Presidente, ministro della difesa ed altri notabili dello stato iraniano sono perito nell'incidente. Incidente che ha da subito creato uno zibaldone di ipotesi, teorie, complotti. 
Le immagini che le TV rimandano sono di dolore, lutto, trasporto al passaggio dei feretri avvolti dalla bandiera tricolore.  È una immagine che stono con quanto rimandano altre TV, di fuochi d'artificio, di festa, in altre zone dello stesso paese. 
È morto un presidente, carica che in Iran non ha peso politico specifico in quanto nella repubblica Islamica il potere vero è nelle mani della Guida Suprema, quell'Ayatollah Khamenei da tempo malato. Raisi era presidente eletto, questo si ma era anche un magistrato islamico. Magistrato che in Iran non ha lo stesso significato che può avere negli altri stati del mondo. Più segnatamente un Iran e Raisi sono diventati sinonimo di assassini, di giustizia e forche, di omicidio in nome della religione.
Si potrebbe aprire più di una discussione ma non è il caso, quelli che è evidente è che è morto un assassino, impunito come capita spesso ai cattivi della storia, legittimato anzi dal suo paese. Difficile non provare avversione per una persona di questo "spessore". 
Non ci sono complotti, misteri che tengano. È morto un assassino, con la coscienza macchiata dalla morte di migliaia di perseguitati politici, di oppositori del regime, di giovani, giovani donne e studenti: difficile provare sentimenti diversi in tutta onestà. 
Jina Mahsa Amini e tutti gli altri manifestanti meritavano uno stato diverso, guide diverse. 

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