Rafah, maggio 2024

Ennesimo giorno di primavera in altalena, uno di quei giorni che ti alzi col sole e ti addormenti la sera con la tormenta. Ormai è una amara consuetudine leggere news che parlando di maltempo e di danni ambientali ad esso legati. Anche stamattina è così, sicuramente anche ieri e forse lo sarà pure domani.
Quasi una abitudine da abbinare a quello che nel mondo sta accadendo. E non sono news che rincuorano, che non lasciano dubbi e paure.
Ecco, è questo il punto: stiamo lavorando per lasciare che tipo di mondo si nostri figli?
Non sono passati molti giorni da quando la Corte Penale Internazionale ha emesso i mandati di arresto per tutti i leader coinvolti nella guerra fra Israele ed Hamas (mandati che hanno sollevato polemiche internazionali, polveroni mediatici, divisioni politiche ma non hanno impedito a nessuna delle due parti coinvolte di continuare il massacro in corso) che da Rafah giungono le notizie più crudeli da leggere ed accettare. Incomprensibili per noi che viviamo dall'altra parte del mare.
Immagini di cenere, nera, scura. Fuoco che arde sotto cumuli di cemento, pietre, auto. 
Parlano di una notte che ha visto cadere dal cielo una pioggia di missili israeliani, uno dopo l'altro, otto. Illuminare il buio del campo profughi e alzare alte colonne di fumo nero verso il cielo. Le tende erano l'ultimo rifugio, vicino ad una struttura delle Nazioni Unite per altro, di un popolo in fuga, senza sicurezza, senza assistenza. 
Otto missili che hanno incendiato tende e vite, donne e bambini. In totale 45 vite. Vittime nelle parole del premier Netanyahu di un errore, di un danno collaterale (ironicamente crudele la terminologia di guerra) perché due terroristi di Hamas sono stati uccisi e l'incendio successivo ha causato la strage.
Proprio nei giorni della conferenza di pace di El Cairo, abbandonati da Hamas per altro. E la pace che ancora una volta rotola lontana.
Non è il primo caso su cui la procura di Israele indaga, sono circa 70 anzi. Casi che non giustificano la condotta di Israele, del premier sfiduciato Netanyahu, la strage di donne e bambini.
Immagini terribili che esplodono negli occhi di chi osserva dal salotto di casa. Immagini che non possono non colpire perché sotto cumuli di cenere e macerie ci sono madri e figli che non saranno più madri e figli e il loro ricordo alimenterà forse altro odio.
Il mondo tutto deve riprendere in mano quel percorso faticoso iniziato con Rabin ed Arafat, proseguito con i Patti di Abramo, una pace realmente tangibile; il mondo occidentale ora deve mettere in primo piano l'esigenza di arrivare a nuovi incontri con Israele ed Hamas con una Europa unita, più forte, cosa oggi con il conflitto fra Ucraina e Russia in corso e le elezioni per il nuovo europarlamento a soli 11 giorni che appare irrealizzabile, impossibile anche solo da immaginare.
Oggi è il 28 maggio 2024, a Rafah bruciano ancora i resti delle tende e delle vite in fuga. Spagna, Norvegia ed Irlanda del Nord riconosceranno da oggi lo stato palestinese, che ancora non ha confini ma solo macerie e lacrime.
È una situazione che non lascia immaginare vie d'uscita, idee democratiche e libere.



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