Una pace troppo lontana

Quanto si desidera la pace? Quanto si è sicuri di volere che alcune zone del mondo vivano in pace?
Fra Israele e Hamas appare sempre più chiaro che né uno né l'altro contendente abbia interesse (bellico, politico, personale quasi) a firmare un trattato di pace in questo momento.
Per Israele e soprattutto per il premier Netanyahu, firmare la tregua in questo momento significherebbe perdere Rafah e i territori, ammettere l'incapacità di non essere riusciti a riportare a casa gli ostaggi ancora in mano ad Hamas e per ultimo chiudere con una sconfitta pesante la propria carrierra politica. E su questa mancata tregua ecco che Israele sta, proprio in queste ore, invitando gli abitanti di Rafah a spostarsi verso Khan Younis con tanto di mappe, SMS alla popolazione, volantini. Netanyahu e il suo governo al pari di Hamas e i suoi vertici lasciano il tavolo dell'ennesima trattativa, pronti a riprendere quelle azioni di guerra ormai tristemente abituali. Allo sfollamento, alla migrazione forzati si unisce l'oscuramento della TV qatariota Al Jazeera in Israele. Una censura del mezzo di comunicazione vicino al mondo arabo molto pesante. Una censura quasi a voler zittire le voci vicini ad Hamas (in realtà la TV qatariota è la voce un po' di tutte le parti in causa, con le dovute differenze e spese). 
Detto della situazione di Israele tocca ad Hamas. Analizzando la situazione anche in maniera veloce l'accettazione di una tregua da parte di Hamas significherebbe perdere i territori occupati fino ad ottobre 2023; ammettere una sconfitta devastante per i vertici di Gaza significherebbe perdere il consenso dei palestinesi lasciati ormai al loro destino proprio dai certi i palestinesi.
Restano le macerie, pochi palazzi ancora in piedi, da abbattere, per nascondersi. La scenografia ideale per una guerra già di suo storicamente lunga, destinata a dilungarsi ancora per chissà quanto tempo.

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