Molto lavoro da fare

Caporalato.
Indagini processuali.
Fondi UE per agricoltura.
Ecco, cosa manca?
Una legge sul lavoro nero, sul sommerso, sulla gestione dei fini europei, tempi veloci per la giustizia.
Da dove inizia il problema?
Dal mondo politico? Dal mondo sindacale? Dalle politiche europee?
Da tutto un po'. 
È un dato di fatto che nel nostro paese il caporalato che nel 2016 il governo Gentiloni con la legge Bellanova (ex bracciante agricola) aveva cercato di contrastare non ha portato ai risultati sperato, anzi. In alcuni casi non ha spostato l'equilibrio di un centimetro. Eppure c'è, esiste quindi una legge. Una legge che però si scontra magari coi fisiologici tempi lunghi della giustizia nel nostro paese, vittima a sua volta delle lungaggini tecniche seguite alla pandemia di Covid. E alle polemiche sulla giustizia stessa dei governi che si sono succeduti negli anni.
Non sono immuni da critiche e falle neanche la legge Bossi-Fini sull'immigrazione e sul Decreto Flussi esposta al rischio di accogliere un immigrato per poi vederlo sparire, letteralmente sparire dai radar.
Di chi è un questo caso la colpa? Dei datori di lavoro pagati dall'immigrato stesso per presentare richiesta di soggiorno salvo poi sparire con "la cassa" e trovarsi a gestire letteralmente un gruppo di schiavi, perché questo sono. E gli imprenditori sono italiani, italianissimi, non sempre legati al mondo della criminalità.
Se la legge c'è allora come si pongono i sindacati nella questione? È un argomento molto spinoso perché tocca le parti sociali che a volte danno l'impressione di non essere sempre "sul pezzo". Solitamente intervengono dopo; dopo l'esplosione del problema. Quando si fa la conta di chi non c'è più e si indice uno sciopero, due scioperi, si lanciano strali verso il governo indipendentemente dal colore di maggioranza. Certo, ci sono sigle sindacali un po' più vicine ai lavoratori di altre e anche questo è un dato di fatto. Però anche nelle tre sigle sindacali si percepisce una certa disunità. Un dibattito quasi un monologo contro. Quando la polvere si posa però torna tutto come prima, nel silenzio, con una filiera agricola o edilizia in mano ai caporalato, quei caporali che sono spesso connazionali degli schiavi e conniventi con gli imprenditori.
Ecco un'altra cosa che manca in tutta questa vicenda: il controllo. C'è un ente preposto a questo, si chiama Ispettorato del lavoro. Le ultime cronache però dicono che è assente in buona parte del territorio per mancanza di ispettori, che è un ente che dovrebbe vigilare H24, 7 su 7 sullo stato di salute del lavoro e dei lavoratori sotto staffato. C'è quindi un problema al vertice, un problema che ha una ricaduta pesante sulla situazione sociale attuale.
C'entra anche la UE, l'erogazione dei fondi europei a cooperative ed aziende agricole.
L'azienda agricola dove il bracciante indiano Satman Singh ha perso la vita godeva di questi fondi per il proprio lavoro ma al tempo stesso il padre del titolare, riconducibile quindi all'azienda stessa, risulta indagato per caporalato da 5 anni.
Parentesi grande: chi e come vengono gestire le domande per i fondi europee? Ragionando velocemente si pensi ad una assunzione in uno qualsiasi dei marchi GDO o Retail. Il neoassunto deve presentare anche il certificato dei carichi pendenti in cui si attesta l'assenza appunto di procedimenti penali a proprio carico. Un passaggio semplice, veloce. Spostando la richiesta simile all'interno delle stanze oscure di Roma (o un'altra delle capitali europee dell'Unione), Strasburgo o Bruxelles appare chiaro che esiste un problema di controllo che dalla base sale fino alle figure apicali.
Un'indagine per caporalato ferma da 5 anni, o altro procedimento penale fermo, richiama il tema della Giustizia e dei problemi che i ministri che si sono succeduti al dicastero ed al governo hanno voluto per forza di cose cambiarla.
Dopo il sabato di Latina, delle proteste delle comunità di braccianti sul tavolo delle parti sociali, del governo, del mondo imprenditoriale ci sono argomenti pesanti su cui discutere ed intervenire.

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