19 Luglio 2024

L'aria è calda, densa, appiccicosa. Un caldo feroce, uno di quelli che rendono irrequiete le cicale che finiscono da mattina a sera, fanno volar basse le cicale e impazzire gli insetti. Ecco, un'altra estate africana. 
E l'odore del caldo e dell'umidità arriva ovunque, come in una città lontana, di quelle che vedi nei documentari. Dai tombini asciutti, dalle rogge che scorrono in città e dall'immondizia, quella differenziata che macera al sole da giorni.
Rincaso veloce al riparo dal sole sfruttando i portici del centro storico, come una lucertola all'incontrario. Feste di laurea, periodo adatto per fare festa: vedo gente di tutte le età fare festa al figlio, al nipote, all'amico, calice in mano, in alto i calici nonostante la temperatura elevata stia mettendo a dura prova trucchi, capelli, bottoni delle camice degli ospiti e dei festeggiati. Una laurea con un valido motivo per essere ricordata. Ad un certo punto i portici finiscono e la strada verso casa è un rettilineo di cubetti di porfido, palazzi fine '800 e sole, nientemeno più ombra. Maledico l'estate, il caldo, lo zaino che ho sulle spalle. Alzo gli occhi al cielo mentre l'odore sgradevole del caldo urbano mi colpisce nuovamente le narici. Il cielo è azzurro, terzo, l'angelo che sovrasta Udine dal suo castello brilla credo anche di luce propria, contrasta coi problemi che abbiamo qualche centinaio di metri più sotto.
Ascolto delle note musicali, conosciute. Sono iniziate fra i cori goliardici per i neo dottori, un duo che canta allegre canzoni latine e l'immancabile fisarmonica ucraina le prove per il concerto di stasera.
Non posso non provare un brivido veloce, la voce la riconosco, è la stessa, che sembra accarezzare l'aria calda e umida della città. È De Gregori, il Principe. Assoli, chitarre, parole, musica e voce. Caldo ma in lontananza tuona, il cielo brontola anche se fa ancora più caldo, forse si sta commuovendo un po' anche lui.

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