... de Coubertiniani...

Forse i Giochi Olimpici di Parigi ci avevano convinti, noi occidentali, che il mondo si fosse un po' rappacificato. Forse era la speranza più che la realtà.
Mentre si tifava per i propri colori il mondo, si il mondo intero ha vissuto altri giorni di fuoco e piombo, di lacrime, di dolori.
Non era importante il confine, il fronte, no. L'ondata bellica che dall'Ucraina si spinge verso il sud del continente europeo per arrivare in quel medio Oriente sempre più in fiamme.
Fra competizioni ed inni a cinque cerchi a Kiev sono stati consegnati nuovi armamenti da quegli Stati Uniti alle prese con una campagna elettorale folle, che folle forse è riduttivo, che ha lasciato sulla sponda democratica il cerino in mano all'attuale vice presidente Kamala Harris. E se Biden nel frattempo invia armi e dollari in Ucraina mentre incrocia in America il premier israeliano Netanyahu soldati ucraini sfondano in Russia, dove il fronte si fa incredibilmente caldo e precario. Premier israeliano che ha cucito a doppio filo il proprio futuro politico a quello della guerra. Guerra senza fine, senza freni. Una guerra che dalla Striscia di Gaza dopo i fatti del Festival Supernova di ottobre 2022 è deflagrata a tutta l'area geografica vicina, coinvolgendo infine in modo diretto l'eterno rivale iraniano. Cadono, continuano a cadere, missili su case, centrali, ospedali e scuole senza tregua, senza se e senza ma.
Il mondo, quello politico ed economico almeno, vive un percorso di pace e sviluppo precario, incerto.
Mentre a Parigi gli atleti riuniti sotto la bandiera dei Rifugiati lanciano nell'aria calda di Francia messaggi di pace e libertà, Bangladesh e Venezuela dalle urne ne escono i fiamme, dittatura più salda in un caso, premier in fuga all'estero nell'altro. Fra pochi giorni a fiamma olimpica spenta regioni ae località i più sconosciute come Kursk, Russia, Khan Yunis torneranno a travolgere l'Occidente al pari delle dichiarazioni al limite delle fake news di Donald Trump o di Chavez in Venezuela. Con altri morti innocenti ad alzare la drammatica contabilità di guerra.
Che c'è, è vicina a noi, anche se non fa parte del medagliere, rovina il presente e quel che rimane del futuro.
È un mondo che urla la sua voglia di pace affidandosi più ai singoli, atlete e atleti afgani, palestinesi, che non al mondo politico arrotolato scuse stesso, sulle sue corse folli e ad uso stampa.

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