Gli occhi dell'estate del 1990

L'estate del 1990, l'estate dei mondiali di calcio in Italia, della mascotte Ciao, dei miei 16 anni e delle tonsille che se ne vanno.
Poco male, inizierò più tardi la stagione estiva nel mentre guarderò le partite di calcio alla TV.
L'inizio dell'estate è un pizzicore alla gola, del brodo freddo da bere, del gelato e delle notti magiche. Quelle notti magiche cantate da Gianna Nannini ed Edoardo Bennato, musica del maestro Moroder. 
Notti magiche che aspetto trepidante ed in silenzio, non ho molta altra scelta.
Il Mondiale si apre a Milano, San Siro e vi trionfa il Camerun sui campioni uscenti dell'Argentina. 
Io aspetto l'Italia, quell'Italia del ct Vicini che è quasi interamente la vecchia U21 che ci rubò gli occhi un biennio prima.
La aspetto perché seguo il calcio, mi piace il bel gioco ed oggettivamente abbiamo, lo credo anche oggi che di anni ne sono passati 34 da quell'estate, la squadra più forte fra le nazionali qualificate. Al gruppo storico di quell'U21 si sono aggiunti calciatori affermati e giovani emerge ti capaci di fare gruppo e differenza.
Nel mio silenzio forzato osservo in solitudine dal salotto di casa la prima gara, la seconda, tutte le gare della nostra nazionale nel girone, nelle gare ad eliminazione diretta, una sorta di viaggio estivo da fermo con la compagnia di una delle mascotte più brutte ma affascinante della storia dei mondiali di calcio, quel Ciao (nome scelto attraverso sondaggio sulle schedine del Totocalcio) che rappresenta un omino in posa calcistica, composto da tanti cubetti tricolori. Brutto appunto ma decisamente affascinante.
"Notti magiche" è la colonna sonora scelta dalla Fifa, l'organizzatore dell'evento sportivo, e risuona nell'aria delle sere d'estate un pò dappertutto.
L'Italia gioca bene, difende meglio, non subisce reti, segna il giusto, soprattutto esalta i tifosi sugli spalti e davanti la televisione.
In quell'estate del '90 a far innamorare il tifoso della nazionale ci pensa un calciatore di bassa statura, modesto a detta di alcuni, letale a detta di altri. A parere personale, un signore attaccante che ha fatto gol in tutte le categorie in cui ha giocato.
E' un siciliano e lavoro a Torino, come un protagonista di quei film anni '70 della Wertmueller. Veste i colori bianconeri della Juventus, non vince il campionato ma una più che onesta accoppiata Coppa Italia - Coppa Uefa. E' il trampolino di lancio ideale per una convocazione in nazionale alla vigilia dei Mondiali di casa dopo la gavetta nelle serie minori a segnare gol in tutti i modi.
E' veloce, è rapace, ha incontrato nella sua carriera due maestri di calcio magari un pò troppo sopra le righe per il calcio che conta ma che sanno ricavare il meglio da chi allenano: Scoglio e Zeman.
Il Mondiale del 1990 lo vede inizialmente in panchina, prima scelta dopo i titolari, che non sono meno efficaci, anzi. Sono Carnevale e Vialli, centravanti del Napoli di Maradona e della Sampdoria d'oro di quegli anni. 
Per motivi diversi il loro destino al Mondiale di casa prenderà una china diversa da quella pensata.
La nazionale però gioca bene e vince. Segna. Segna quel siciliano veloce, che da subentrato cambia le partite, ha lo sguardo indemoniato, acceso dalle luci degli stadi, dal furore agonistico che lo fa arrivare su ogni pallone. Ed ogni pallone finisce in fondo alla rete. Si vince, si vive una delle migliori estati dal 1982. Siamo protagonisti, fino quasi alla fine. Per il successo finale mancherà poco, un ciuffo di capelli e poco altro. Pazienza se la coppa del mondo a Roma la alzerà la Germania riunificata.
Per chi ha vissuto da tifoso quell'edizione del Mondiale non importa del terzo posto finale degli azzurri, non importa la fine della mascotte Ciao, non importa neanche se la colonna sonora non era molto amata dai due interpreti. Non ci importa forse neanche moto della pioggia di soldi sprecati nell'organizzazione di un simile evento.
Noi ricordiamo benissimo le partite, le vittorie, le mille bandiere al vento nelle curve degli stadi, le magie di un giovanissimo Roberto Baggio e le reti di Salvatore Totò Schillaci, gli occhi più grandi che potessimo vedere. Occhi pieni della gioia di un bambino che vede realizzare il suo sogno.
E che nel suo sogno ci trascina un paese, una squadra, migliaia di tifosi.
Ed è rimasto tale anche dopo Italia '90, anche quando la carriera sportiva ha preso un'altra strada, la vita qualcosa ha cambiato.
Totò Schillaci ha incarnato il sogno di ogni bambino, ci ha regalato davvero notti magiche e gioie difficilmente dimenticabili. 
Ricordo ancora oggi quello sguardo enorme, felice, le braccia alzate al cielo a voler abbracciare chiunque attorno a sè. 
La mia estate del '90 ha il suo nome e il suo cognome, anche oggi che non c'è più.
Salvatore Totò Schillaci.

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