Non c'è nulla che trovi più noioso dello stare fermo, l'immobilità forzata. Orari da rispettare, sforzi da evitare, scarpe chiuse da non indossare quando per forza mi trovo ad uscire.
La vivo male come tutte le costrizioni piccole e grandi. E poi il tempo libero, troppo, non ci sono abituato; schedulo ogni istante della mia vita, anche sovrapponendo privato e professionale. Adesso il tempo che mi ritrovo ad avere è troppo, è scandito da un orologio strano. Un programma di approfondimento la mattina, il tg dopo pranzo, lo sport, un film su qualche piattaforma. Va tutto bene per carità, un giorno, forse due. Dopo tutto ti va stretto, tutto sembra già visto, noioso.
Accendi il pc per cercare di portare avanti le cose burocratiche del lavoro, apri il tuo blog, ci metti dentro qualche parola, qualche riflessione su quello che sta succedendo nel mondo anche se tu hai schedulato altre cose, recuperi vecchie foto, le posti, ti sposti da un social all'altro per vedere l'effetto che fa.
Anche questo però non basta più. Provi a rivedere da casa le ultime call tenute al lavoro, per cercare di capire quello che "live" non hai capito.
Ecco, le call.
Mi si accende la lampadina, il lavoro e le call.
Fra le mail personali che ho archiviato ne recupero una; ha un codice. Apro il link indicato nel corpo della stessa mail e inserisco il codice.
Si apre una schermata, è una chat. Osservo.
Sono costretto a stare fermo, fermo che significa avere tanto tempo per pensare e il pensare vuol dire andare con la testa al lavoro, ai mille problemi che mi crea anche quando non sono presente.
Scrivo nella chat "parlando" con chi è dall'altro lato dello schermo.
E più scrivo più mi sento rilassato, meno costretto a casa, privo di un obbligo. Scrivo, inserisco un codice, prendo un appuntamento.
Un appuntamento per parlare. Per parlare liberamente di me, di quello che ho dentro, di quello che non va. E dopo un altro paio di giorni di insofferenza ecco qui la notifica che aspettavo.
Parlo, non devo fare altro e non mi è facile. Per lo più ascolto o scrivo. Adesso devo parlare, devo far uscire tante cose di me perchè ho angoli da smussare che non pensavo di avere, qualche peso sullo stomaco che pesa più di altri che il tempo è volato via in maniera insoddisfacente.
Parlo, rispondo, osservo l'espressione di chi è dall'altra parte dello schermo.
Si, di cose da dire ce ne sono molte, ne avremo l'occasione perchè me la sono presa. Fisso altri appuntamenti.
A cinquant'anni scopro che parlare mi fa bene, farmi ascoltare mi fa bene. Chissà cos'altro riuscirò a recuperare ancora.
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