Gaza è una striscia di sabbia ormai rossa e nera, sovraffollata. È una striscia di sabbia e macerie, polvere. È arrivato settembre, fra poco sarà ottobre, sarà passato un anno dall'assalto terroristico di Hamas al Festival Super Nova che ha dato il via alla guerra fra Hamas ed Israele. L'obiettivo di Tel Aviv è quello di annientare il nemico, colpendo quella che è la sua parte più debole, le donne e i bambini. Forse questo attacco immane era nei piani del governo Netanyahu da tempo, l'attacco di Hamas è stato l'assist perfetto. Israele ha trasformato la Striscia di Gaza in una tendopoli enorme disumana, ultimo lembo di terra per uomini, donne e bambini. A Gaza gli uomini muoiono giovani, a volte vittime e carnefici al tempo stesso, più spesso sono le vittime delle scelte scriteriate di chi vorrebbe un paese per il proprio popolo ha scelto la via delle armi. Gli uomini a Gaza non muoiono quasi mai per cause naturali, tutt'altro. Fanno parte di macerie, polvere, fumo acre. A Gaza rimangono anziani senza più casa donne; donne che piangono padri e mariti, che stringono forte i figli. Figli che non hanno più un futuro, che ce l'hanno ma a tempo. Il tempo necessario a vaccinarli, a ricevere le prime cure senza pensare poi alle seconde, al prosieguo delle cure. Le donne di Gaza imparano presto a piangere i loro uomini. Gaza è una striscia di territorio pensato a tavolino da chi non lo vive, non lo ha mai vissuto, da chi ha una casa, una famiglia, lontane, altrove. Altrove che per inciso oggi come oggi non è più un luogo sicuro, forse non lo è mai stato in verità. La storia lo insegna, lo certifica, la cronistoria di questo nuovo conflitto lo certifica ancor di più. A Gaza restano i bambini, che piangono, che si ammalano, che imparano a riconoscere il rumore di un missile che sta per cadere sulle loro case, il rumore assordante di un fuoco di contraerea, a respirare l'odore acre di polvere e carburante che brucia. Imparano a non avere un futuro certo se sopravviveranno nei campi profughi, più spesso orfani. Imparano così l'odio, la disperazione e ad avere un nemico da colpire sempre. Tutto questo lo sanno bene Netanyahu ed Hamas, l'Iran e il Libano. Tutti hanno un loro motivo valido per non far cessare questo conflitto che ora vira verso nord, verso il Libano, riportando a galla ricordi di quarant'anni fa. Nessuna delle parti coinvolte in questo conflitto sembra considerare Gaza, la sua realtà crudele, la vita diventata un lusso. Gaza è terreno di battaglia adatto per pareggiare conti, torti che hanno storia e radici lontane. E ognuna delle parti coinvolte ha un suo tornaconto, economico o politico. Gaza è una striscia di sabbia rossa, grigia come la polvere delle macerie. Gaza è dove anche le cure mediche devono chiedere permesso.
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