È un altro anno che passa con il mondo in guerra.
Un anno che davvero ha cambiato in modo irreversibile equilibrio e rapporti del mondo, quello Occidentale e quello Medio Orientale con l'Estremo Oriente silenzioso a guardare.
7 ottobre 2023, il pogrom di Hamas sembra mettere in ginocchio Israele. Un migliaio le vittime, migliaia giovani, vecchi, uomini e donne rapite. Ingoiati nelle tenebre di Gaza, quella Striscia che già dalla mattina seguente è stata invasa e bombardata dall'esercito di Tel Aviv. Una missione tremenda: radere al suolo la Striscia, spingere ad uscire dal territorio gli occupanti costretti a vivere in tende sulla spiaggia. Recuperare i rapiti è tutt'ora più difficile ma da un anno Gaza e i suoi migliaia di chilometri di tunnel è stata rasa al suolo, azzerata. Un cumulo di morti e macerie che non sembrano aver fine.
E dopo Gaza il Libano a nord, sempre con le stesse modalità feroci.
Altri profughi, altre vittime, orfani, vedove, ostaggi dispersi, mai restituiti.
Israele sembra, a guardarlo da questa riva del Mediterraneo, non aspettasse che il pogrom feroce di Hamas per chiudere tutti i conti in sospeso con i nemici. Ha azzerato Gaza e messo in ginocchio assieme a migliaia di persone il rivale Hamas, ha azzerato i vertici dell'altro nemico storico Hezbollah, minaccia gli Ayatollah di Teheran e a questo punto le minacce sembrano essere molto più reali di qualche mese prima.
Il premier Netanyahu sembra impermeabile alle richieste, flebili in verità, dell'Occidente quasi a certificare che questo è affare interno a Tel Aviv e"affare di Israele".
In un anno la guerra ha prodotto forse rivelato un premier crudele, guerrafondaio, quasi insensibile. Un premier in crisi politica, prossimo a cadere forse sotto il peso delle polemiche e delle critiche fino al mattino del 7 ottobre 2023. Da quel momento Netanyahu è diventato Israele; nessuna apertura a qualsivoglia trattativa, nessuna retromarcia ma anzi, un piano di guerra sicuramente pronto per essere messo in pratica cui mancava solo l'innesco giusto (si guardi la veloce risposta al pogrom, i bombardamenti a sud e a nord, l'affaire dei cercapersone di certo non pianificato in un solo anno). Con la guerra adesso paradossalmente il premier israeliano sembra più solido, addirittura oggi come oggi con un numero consistente di ostaggi (ad oggi non c'è certezza se siano vivi o morti) ancora in mano ad Hamas Netanyahu verrebbe rieletto e questo forse spiega quale sia il clima interno al paese.
Al netto degli affari interni del paese non si vede all'orizzonte la fine di questo conflitto in cui davvero il confine fra buoni e cattivi è labile, si sovrappone e si dovrebbe andare all'indietro nel tempo per capire davvero le ragioni, chi le ha e chi no e perché. È un percorso ancora lungo e difficile, ancora più difficile.
È un 7 ottobre di dolore e ansia.
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