Ha vinto Donald, viva Donald! Ha vinto il già 45mo presidente degli Stati Uniti oggi 47mo presidente. Ha vinto già nella lunga notte del 5 novembre e la vittoria del candidato repubblicano ha avuto le sembianze per il partito democratico di una valanga capace di cancellare ogni tipo di dubbio in merito ai presunti brogli anticipatamente annunciati dal tycoon repubblicano. Alla sfidante Harris non è rimasta che una unica mossa, riconoscere la vittoria del rivale e ammettere la sconfitta. Sconfitta che forse era stata ampiamente preventivata nonostante i tanti forse troppi sostegni vip ricevuti da Kamala Harris. Il risultato delle urne non lascia spazio ad interpretazioni; gli Usa non sono pronti ad un presidente donna (precedente che in passato ha riguardato la candidata dem Hillary Clinton), le minoranze sostengono i repubblicani, ai democratici rimangono gli stati dell'ovest e poco più. Una vittoria assolutamente totale per Trump che non potrà non avere ricadute sul mondo, occidentale e non, in guerra oppure no. Ricadute anche pesanti se vogliamo; dai dazi sulle importazioni verso gli Usa (in che misura peserà sull'export europeo, sulla qualità dell'export europeo o cinese, comunque attualmente di qualità superiore a quella americana?), alle politiche migratorie (riprenderà quindi la costruzione del muro che separa gli Usa dal Messico e si limiteranno gli ingressi da Haiti e Cuba molto probabilmente), alla politica estera e tutti sappiamo quanto ora più che mai ci sia bisogno della voce americana. Politica americana che ora come ora potrebbe far ritornare in auge un vecchio tormentone caro a Trump ovvero la chiusura del sistema Nato. Che il tycoon considera ormai obsoleta, troppo dispendiosa per le casse degli Usa. Può essere che sia vero ma stando alle cronache politiche e belliche del mondo il sistema Nato riveste tutt'ora una certa importanza, rappresenta ancora l'ago della bilancia. Ago della bilancia che ad onor del vero quattro anni a guida Biden ha perso un bel pò di autorità. La vittoria di Trump, la lunga notte dello spoglio e della proclamazione a nuovo presidente Usa ha sortito nell'immediato alcune reazioni nel mondo. Non del tutto inaspettate in realtà. Nella notte americana mentre si preparavano palchi e telecamere in medio Oriente il premier Netanyahu ha licenziato il ministro della difesa Gallant (anche questa non una decisione nuova per il criticato premier israeliano) pubblicando via mail il pdf della lettera di licenziamento. Non una mossa che ha attirato le simpatie israeliane sul premier vista l'immediata protesta per le strade di Tel Aviv e Gerusalemme. Notizia passata quasi in silenzio sui media internazionali, forse non a caso. La guerra di Israele contro Hamas ed Hezbollah seguita ai fatti del 7 ottobre 2023 ha conosciuto una escalation impressionante, feroce, tragica che necessariamente ha cercato di chiamare in causa più volte gli Usa. Stati Uniti che hanno tenuto un profilo più che basso in verità. Lontano, apparentemente disinteressato. E Israele ha attaccato tutto quello che poteva, annientando cose, persone, oggetti, simboli. Biden non ha saputo indicare una precisa direzione muovendosi nel vago, posizione della quale si è fatto forte il premier israeliano perennemente in crisi politica fra i patri confini che nella guerra totale in Medio Oriente ha trovato una insperata ancora di salvezza. Aspettando di capire come si evolverà il fronte aperto con l'Iran. La prima impressione è che Gallant sia stato esautorato da Netanyahu a ridosso delle elezioni in Usa per un calcolato gioco di anticipo. Adesso la palla è fra le mani di Donald Trump. Tornando in Europa, verso est in concomitanza con la vittoria elettorale dei repubblicani si sono sentite le voci di Vladimir Putin e Volodimyr Zelensky ironicamente concordi nell'affemare che nessuno dei due paesi in guerra farà un passo indietro. Ma nel silenzio gli ucraini sembra stiano arretrando dal Donbass. E l?europa intesa come Ue, quella dei Meloni, dei Macron e degli Schoelz? Sorride, telefona per i complimenti come si fa con un vecchio amico ma poi a telefono spento ha paura, perchè conosce già cosa significa rapportarsi con l'amministrazione Trump. Non è solo Nato, dazi o strategie bellico-econimiche. E' una paura sottile che attraversa le cancellerie del vecchio continente. Mentre impauriti si applaude.
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