A Torino ci arriviamo nel tardisimo pomeriggio di una domenica piovosa, con la pioggia che dalla partenza ad Udine all'alba non ci ha mai lasciato. È un viaggio di lavoro quindi si parte con la voglia già di tornare.
La città ci accoglie piovosa e semideserta dopo gli acquazzoni violenti e la staticità delle risaie entrando in Piemonte. Il treno ha attraversato da est ad ovest l'Italia e il viaggio mio e della collega che è con me pareva interminabile.
Torino e piove.
Piove lungo tutta la strada dalla stazione all'albergo, poi dall'albergo ad un pub per cercare un modo per mettere qualcosa sotto i denti.
Ci arriviamo noi fradici, altri dopo di noi più fradici ancora.
È una città che vive una sera pigra, poca gente per le strade, qualche taxi, qualcuno si infila nelle gallerie della metropolitana. Noi entriamo in un pub di cui non ricordo il nome. Il check-in è fatto ora ci godiamo una cena veloce e un ambiente un po' più confortevole del treno.
Abbiamoe facce da commessi perché ci chiamano tre ragazzi, un ragazzo e due ragazze da un tavolo in uno degli angoli del locale. Ci chiedono se siamo anche noi della loro stessa azienda. Evidentemente tanti anni passati ci hanno lasciato un marchio, un tatuaggio.
Non ci dispiace però avere la loro compagnia, accenti bergamaschi e milanesi, si parla, si mangia, si ride, è un modo di conoscerci. Si torna allalberg6che davvero non piove. L'aria è quella pesante, carica di acqua ma almeno c'è una tregua a questo punto necessaria.
Alla spicciolata sono arrivati tutti i colleghi della nostra area, ci conosciamo quasi tutti nella hall, il resto lo conosceremo a colazione, altri ancora direttamente in sede.
La sede, poco lontana, piccola, come si percepiva dalle foto via mail allegate a qualche news. Sorrisi, un filo di imbarazzo, presentazioni con chi lavora in Head Office, con l'amministratore delegato, segretaria altri colleghi, parole, tutto in ordine sparso, secondo l'orario di arrivo in ufficio.
Ci siamo tutti, andiamo in aula, ci presentiamo, parliamo, osservo. Osservo tutti i colleghi che ho attorno. Alcuni sembrano la mia antitesi, con altri il feeling è spontaneo, un effetto naturale. Il corso scorre, piace, è lungo, abbiamo fame. Si cerca uno sguardo complice, l'attenzione latita, fine. Si saluta, si esce, ultima serata a Torino. Intanto è un bel pomeriggio di maggio, c'è il sole, non piove più. Metro, albergo, doccia e poi tutti in gruppo per l'ultima cena assieme.
Tavolo all'aperto per venti persone, pizza, pasta, formaggio, carne, di tutto un po'. Sguardi. Uno in particolare. Lo sentivo addosso anche al corso. Lo vedo, sorrido. È uno sguardo limpido. Occhi chiari che sorridono mentre parlano. Sorrido anche io col mio sguardo castano e miope.
L'accento è mischiato, rimbalza dalla cadenza veneta a quello lombardo chiudendo con una inflessione romagnola. Benissimo. Non è importante. Parliamo, poco in realtà perché tutti hanno una curiosità, qualcosa da chiedere. Ma lo sguardo lo percepisco ed ogni tanto cerco di prenderlo un po'. Mi sto rilassando.
La cena finisce, si va? Dove si va? A fare una passeggiata per la città vuota.
In gruppo, senza pensieri, anche alla ricerca dell'ultimo locale. Cerco lo sguardo che mi sorride, mi ci avvicino. Parliamo, ridiamo, beviamo, ci guardiamo, ci conosciamo, rientriamo.
L'ultima notte a Torino non ha la pioggia, non ha nulla di sensuale, solo la piacevole sensazione di aver conosciuto persone nuove, volti non più voci.
Piccola di statura, mingherlina, i capelli lisci lunghi che coprono parte della schiena, i tatuaggi che escono dai bordi delle maniche color borgogna. Occhi chiari come il cielo dell'estate. E la sigaretta, una, forse due, sicuramente tre. Il sorriso e le fossette sul viso. Ale.
È ora di ripartire, ci scambiamo i numeri, ognuno prende un treno con destinazione diversa. Si rientra, un'altra attraversata della Pianura Padana. Ci si scrive, si continua il racconto di noi stessi. E continueremo a farlo negli anni fino a diventare parte di ogni giorno uno dell'altra. Quel collega che è amico, cui chiedere consiglio, cui inviare meme, il buongiorno, i vocali più assurdi.
Torino era umida, piovosa poi ci siamo guardati e il cielo aveva il colore dei tuoi occhi, limpido. Solo una nuvola di passaggio, leggera. Anche oggi ce6la stessa nuvola, anche altri giorni ma sono convinto che è lo sbuffo di una tua sigaretta Ale.
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