Fuggito Assad ora che giorni aspettano i siriani?
I ribelli che hanno messo fine alla dittatura della famiglia Assad riusciranno a tenere fede a quanto annunciato in questi primi giorni caotici post liberazione?
Come in altre rivolte succedutesi negli ultimi anni soprattutto nel nord dell'Africa e in Medio Oriente le prime immagini sono quasi un canovaccio che si ripropone stabilmente: vengono abbattute le statue dei dittatori, saccheggiati e dati alle fiamme i luoghi di potere con i lussi e gli orrori il più delle volte segreti.
Vengono alla luce vecchie storie mai narraate di torture, di dissidenti scomparsi, di carceri macello. Tornano a galla storie che parte del mondo già conosceva e forse fingeva di non sapere.
Ma dopo l'euforia per la libertà ritrovata, la polvere si posa, l'aria si fa meno rarefatta e si cercano i contorni del quadro.
Oggi che Assad è fuggito con famiglia, abiti, suppellettili lussuose in quel dell'amica Mosca l'intermediario a Damasco per il mondo Occidentale rimane il leader dei ribelli siriani Al Jolani che afferma come la comunità internazionale non abbia nulla da temere.
Da parte sua il mondo osserva e studia passato ed origini del leader ribelle estraendo dagli archivio l'oscuro passato fra Al Qaeda ed Isis e poi gli anni di silenzio. Non inconcludente però visto quanto riuscito a fare in pochi giorni arrivando a Damasco da nord. L'attesa non è stata vana e nel nord della Siria sicuramente c'è un nuovo equilibrio, si è lavorato in silenzio in questi anni almeno, che fa leva sugli aiuti Turchi (Erdogan è sicuramente l'intermediario più ascoltato della regione e dell'Europa) e sui rapporti degli stessi con il popolo curdo. Forse Al Jolani non si aspettava di entrare così velocemente nella capitale ma è successo e senza dubbio il tempo dell'attesa non è stato vano.
Quale attesa?
Degli sviluppi della guerra fra Russia ed Ucraina, e si torna nuovamente lì, se ore con l'ombra lunga del premier turco Erdogan ad allungarsi sulla vicenda.
In Siria Mosca ha il suo sbocco sul Mare Mediterraneo, basi di aviazione e marina, figlie dell'antica amicizia con Assad padre, Hafez. Dalle basi siriane partono i jet russi che bombardano l'Ucraina dal primo giorno del conflitto. Un conflitto che ha "distratto" Mosca dagli eventi che si stavano succedendo in Siria non riuscendo più a garantire copertura al dittatore-amico. Ecco quindi che il tempo dell'attesa poteva dirsi finito e i ribelli hanno potuto iniziare la loro discesa da nord senza la paura dell'attacco delle forze di Mosca. Una strategia geopolitica vincente, senza dubbio.
Nel tempo dell'attesa si sono intessuti rapporti di collaborazione con le tante anime religiose che compongono il paese, alcune immobili e disarmate da lunghi anni. Ai ribelli di Al Jolani al nord hanno risposto i drusi (gruppo religioso israelo-arabo di origine siriana) a sud riprendendo dopo anni in mano le armi. E con la presenza a sud dei movimenti drusi in Siria è entrato anche l'Idf, l'esercito di Israele, ufficialmente in territorio amico per distruggere l'arsenale di Assad.
Il mondo non deve temere quindi l nuovo vento politico che soffia da Damasco ma in Siria rimane un fronte scoperto caldo e pericoloso, quello con l'altra anima oscura della regione, quello con gli Ayatollah iraniani. E le accuse ai ribelli su presunti prossimi attacchi al governo di Teheran si sono già succeduti nei media locali.
L'Europa e l'Occidente sicuramente non si aspettavano un corso degli eventi così rapido e sembrano rimanere su posizioni di studio verso i ribelli insediatisi a Damasco. Le prime dichiarazioni dei leader ribelli parlano di libertà e di volontà di non imporre il velo alle donne.
Poche cose certo, nessun programma politico per ora ma un passo avanti se verrà consolidato nel tempo notevole per un paese che ha conosciuto una delle dittature più feroci.
In attesa di vedere come si svilupperà questa storia su susseguono le notizie sulla liberazione di prigionieri politici e dissidenti in carcere da anni e ritrovamenti di altri dissidenti scomparsi da anni in autentici bunker degli orrori.
Guardiamo con fiducia ai ribelli e ad Al Jolani, giriamo per la ritrovata libertà del popolo siriano ma non facciamo, perché non lo possiamo permettere, cadere l'attenzione sulla regione.
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