2025.
Nuovo anno, vecchi problemi. E sono così tanti che a guardarli tutti assieme viene il mal di testa.
I problemi sono sparsi per il mondo, sparsi in ogni angolo della terra nonostante discorsi presidenziali, papali, comuni.
Il mondo in guerra in questo nuovo anno va incontro a nuove elezioni politiche inaspettate (Germania a febbraio con un occhio fisso sui destini del conflitto russo-ucraino e sull'onda dell'estremismo di destra che monta nell'est del paese), programmate e rinviare proprio per motivi bellici, strategie economiche e politiche controverse ma che ugualmente avranno un impatto pesante sulle tasche dei cittadini europei.
Di che si tratta? Del gas, delle condutture di materia prima russa transitanti sul territorio ucraino chiuse, come ampiamente programmato.
Già nel 2023 la stessa minaccia colpì l'Europa che trovò il rimedio, lo trovò eccome, riempiendo le scorte dei paesi fin da subito. Trovò gas in Grecia, in Polonia, in Italia, in Turchia, in Algeria (Draghi docet), più o meno ovunque insomma. L'aumento della materia prima schizzò verso l'alto, le bollette degli utenti salirono a cifre incomprensibili salvo poi tornare a diminuire. Dalla borsa di Amsterdam i prezzi del gas liquido o meno tornarono a diminuire, forse senza considerare che provenendo da un paese in guerra prima o poi a questo stop si sarebbe arrivati; può qui di essere considerato un aumento inaspettato?
Mentre uno degli alleati occidentali del presidente ucraino Zelensky, il tedesco Scholz (Italia a parte ci sarebbe anche il francese Macron intento però a fare e disfare un governo che gli è lontano)è alle prese con il primo difficile momento politicamente duro, a Kiev si prova a pensare alle elezioni presidenziali già previste per il 2024 poi rinviate. Elezioni da non sottovalutare perché potrebbe portare ad un cambio di guida e successivamente ad un cambio di strategie belliche. E non è detto che dal 20 gennaio con l'insediamento di Trump davvero inizi a cambiare la storia di questo conflitto, arrivando ad una tregua definitiva nonostante la posizione controversa e controcorrente della Russia.
Da Kiev finora non sono arrivati solidi propositi di pace, di tregua e questo rende indecifrabile la situazione reale, quasi che la guerra ad un certo punto sia necessaria per preservare la carica di Zelensky.
In tutto questo c'è un'Europa che si trova suo malgrado al centro del conflitto per "tubature e cavi elettrici" chiuse o tagliati come ripucca geopolitica; un'aEiropa che si trova costretta a guardare ad Istanbul al "Sultano" Erdogan indispensabile per gli equilibri di pace fra Kiev, Mosca e più a sud nel quadrante medio orientale. Istanbul cui come detto si guarda per il gas, per riscaldare l'Europa occidentale che in questo 2025 appare incapace di uscire da influenze politiche più o meno velate.
E il 2025 che inizia con gli Usa in transizione fra la presidenza Biden e la presidenza Trump, o Musk?, bersagliati da attentati in odore di Isis sembra voler proseguire nel solco dell'anno appena finito anche nella Striscia di Gaza, nella Siria alle prese di una difficile ripartenza post dittatura con l'incognita di scoprire se il rimedio alla fine sarà positivo, porterà un vento nuovo, o sarà peggiore del danno. E se sulla Siria di Al Jolani striscia il fantasma del deposto presidente Assad e sei fedelissimi, a Gaza incombe la furia del premier israeliano Netanyahu, politicamente in bilico ma bellicamente attivo. La guerra con Hamas, Hezbollah, Siria, Houthi e in fin dei conti Iran sembra all'inizio più che alla fine. Se i primi tre nemici sembrano vinti o quasi con gli altri due l'impressione è che si stia preparando in questo 2025 l'assalto finale. Ma forse no perché di base rimane la necessità del conflitto per salvare carriera e poltrona e continuarlo forse non è un'ipotesi così tanto campata per aria.
Sono tre giorni che stiamo festeggiando l'anno nuovo ma nulla, davvero nulla, sembra essere cambiato dal 2024.
E si continua a morire, senza sosta.
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