Prima settimana intera di tregua e secondo week end di liberazione e riconsegna di ostaggi e detenuti fra Israele ed Hamas.
Una liberazione, quattro giovani donne soldato di stanza al confine con Gaza il 7 ottobre 2023, che i miliziani di Hamas hanno reso spettacolo, un trionfo quasi, una sublimazione delle loro gesta con gli ostaggi e delegati del Comitato Internazionale della Croce Rossa a salire su un palco allestito ad hoc per il rilascio ufficiale. A favore di telecamere ed orrendo merchandise a fare da contorno.
È un rilascio che Hamas sta centellinando in virtù degli accordi firmati con Israele, che cerca di rendere show per fare vedere a Tel Aviv che la milizia, i soldati, sono tanti, sono presenti e che "la resistenza h Gaza ha vinto".
Il corteo di jeep dei miliziani con gli ostaggi, le bandiere sventolate da una folla in festa, il saluto dei poliziotti al passaggio dello stesso corteo è propaganda e insieme avvertimento. Propaganda che Israele per quanto possibile ha cercato di non trasmettere, di non fare arrivare alle piazze piene di manifestanti e parenti delle persone ancora in ostaggio.
Le immagini delle quattro giovani donne rilasciate e sorridenti, pronte al rientro a casa ha fatto da contraltare al trionfo degli ergastolani rilasciati da Israele e portati in spalla da amici e parenti per le strade di Ramallah.
Un corteo festoso, trionfeggiante fra cori inneggianti le brigate Al Qassam e gli ex detenuti finalmente liberi. E sono tanti, con fedine penali pesanti, fine pena mai. E sono anche il tasso di scambio che Hamas ha ottenuto da Israele per lo scambio e la tregua. Unica condizione posta da Israele l'allontanamento di stragisti e comandanti dalla Cisgiordania; già chiare le destinazioni che vanno dall'Egitto alla Turchia, all'Algeria ai paesi del Golfo. Guardando indietro nel tempo, alla storia della regione non un allontanamento così risolutivo.
Al momento la tregua pare appesa a tanti fili sottili e delicati; si riaprono i valichi fra le macerie come Rafah, entrano e vengono presi d'assalto i camion che trasportano aiuti umanitari, si spara ancora. Restano le macerie e colonne di profughi che hanno lasciato i loro accampamenti al freddo e sulla sabbia per non trovare più nulla, nessuna delle case abbandonate dopo il 7 ottobre 2023.
Nel mezzo di questa delicata tregua il primo ministro Netanyahu chiede alle forze Unrwa di abbandonare Israele perché collusa con Hamas (l'Unrwa è l'agenzia ONU per gli aiuti ai palestinesi) e continua a bombardare la Cisgiordania, la zona di Jenin. E non sembra volersi disimpegnare nel sud del Libano.
Piani di guerra che il premier continua a tenere vivi sulla spinta della Destra ortodossa favorevole al conflitto e ostile alla tregua. Sui voti e sul favore della stessa Destra posano i destini politici di Netanyahu.
È una questione di troppi fili sottili cui sta appeso tutto il Medio Oriente.
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