L'importante è "spararla grossa", più grande dell'avversario o presunto tale per rimarcare il proprio punto di vista, il proprio ego smisurato nell'apparente tentativo di riportare il mondo ad uno stato di pace.
Nelle aree geografiche colpite da guerre che possono rivelarsi o sono utili al proprio paese, ca va sans dire. Non in tutte si badi.
La persona con l'ego smisurato si chiama Donald Trump, di professione e' un tycoon a tempo perso anche presidente rieletto di un paese, gli Usa, a volte irriconoscibili per le scelte politiche contraddittorie e indecifrabili.
Prima del nuovo trionfo elettorale, favorito oltre ogni ragionevole dubbio dall'incapacità dell'avversario di capire tempi e modi entro i quali alzare bandiera bianca e cambiare strategia politica, Donald non se la passava bene tra processi e scandali, condanne e foto segnaletiche. Poi il trionfo e la grinta cattiva e i cattività di chi deve fare per rimediare ad un torto subito. Personale o dalla nazione, è un dettaglio in fondo.
Il giuramento del 20 gennaio e il discorso al momento dell'insediamento aveva lasciato intendere che non sarebbe stato un quadriennio facile e infatti così pare.
Senza giri di parole Donald si limita a dire che gli Usa devono riprendere quello che hanno dato, che è loro (aiuti all'Ucraina cui forse la pace costerà qualche regione e la cessione delle preziose terre rare all'America), che potrebbe esserlo solo il presidente lo volesse (risorse energetiche in Groenlandia pronta ad essere occupata se necessario). Finito? No, perché appunto la vendetta ha bisogno di "sparate" sempre più grosse; caccia agli immigrati nelle chiese, negli ospedali, nei centri di accoglienza e rimpatrio o nella peggiore delle ipotesi destinazione Guantanamo mai definitivamente chiuso dagli Usa.
E se pace deve esserci anche in Medio Oriente ecco il piano perfetto di Donald Trump che irrompe a metà del cronoprogramma della complicata tregua fra Hamas ed Israele promettendo un inferno sui palestinesi se non verranno rilasciato subito tutti gli altri ostaggi ancora nascosto, vivi o morti, a Gaza. E dopo il rilascio interverrà l'America a sistemare le cose in Medio Oriente. Come? Semplicemente comprando la Striscia di Gaza, trasformandola in una sorta di Costa Azzurra e spostando altrove i palestinesi che vi abitano. Dove? Non importa, sarà un posto sicuro.
Un'affermazione che più che spiazzare Israele (i cui ostaggi maschi si è visto chiaramente sabato scorso non hanno ricevuto certo trattamenti di favore né umani in questi 15 mesi di prigionia e tutto fa pensare che anche per gli altri uomini ancora prigionieri sia così) ha colto di sorpresa gli alleati del mondo arabo, mediatori della difficile tregua.
Ad un Trump entusiasta per l'idea a suo dire geniale fa da contraltare un Netanyahu palesemente ostaggio dei suoi alleati politici mai favorevoli alla pace e decisi a continuare una guerra ingarbugliata. E a Gaza, come in Cisgiordania e sud del Libano l'Idf spara e bombarda ancora.
Chissà il piano preciso che il vice presidente americano Vance presenterà al presidente ucraino Zelensky durante i colloqui di fine febbraio. Trump con la Forza del pollice puntato avanti a se è convinto che a breve il mondo sarà pacificato e l'America di nuovo grande, ricca, senza l'incubo del fentanyl sulle strade che sarà bloccato da Canada e Messico che così non vedranno schizzare alle stelle i dazi sull'import export.
Una sorta di ricatto più che di do ut des.
È una questione di ego, una gara a chi la spara più grossa. In attesa che l'UE dica la sua e che parli Putin, uomini solitamente di poche parole.
E con un ego enorme
Ego, tantissimo ego.
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