Triennio di guerra e ora?

E adesso cosa succederà?
Dopo che la divisione Europa ed Usa si è fatta netta, senza apparente possibilità di ricucire uno strappo che via via che ci si addentro nel 2025 si fa più evidente.
Nell'agenda dei grandi del mondo gli appuntamenti importanti in pochi giorni erano, lo sono ancora, tanti: conferenza Cpac a Washington (i patrioti, ah ...), tornata elettorale in Germania con una pesante ombra nera che monta da est ed in qualche modo contenuta da un'enorme affluenza alle urne (Italia osserva, commenta ma non copia ...), i tre anni di guerra in Ucraina, le risoluzioni all'Onu e il seccessivo G7.
Nel giorno del triennio del conflitto gli Usa abbandonano l'Unione Europea, votando con la Russia ( e Cina, Israele), finendo per appoggiare apertamente l'aggressore e non l'aggredito. L'Europa ha fatto fronte unito dalla parte di Kiev che giocoforza deve essere parte in causa nelle trattative di pace, di fine guerra.
Deciso lo schiaffo americano ai 27 dell'Unione in quello che è un inizio traballante di trattive.
Macron si è investito del ruolo di testa di ponte europeo presso il presidente americano annunciando quanto rifiutato finora, con altre amministrazioni, ovvero l'invio di truppe europee in Ucraina in operazioni di peacekeeping e già solo questo annuncio ci riporta di peso ai tempi delle missioni di peacekeeping in Iraq con la divisione Usa-Europa.
Sullo sfondo rimane l'ombra di Putin che forse accetterebbe le truppe europee in Ucraina ma sicuramente non rinuncerà ai territori occupati finora. 
Rimane nell'ombra Zelensky che ormai pare certo debba lasciare la presidenza, che rinuncia all'ingresso nella Nato per quello dell'Europa. Sembra un Risiko ma senza un piano di gioco preciso, senza un'idea precisa.
L'impressione è che ci siano troppi tavoli di discussione in una situazione così difficile ed ingarbugliata. Soprattutto spicca l'idea che l'Europa stia cominciando ora a pensare, solo pensare, di essere una Unione che sembrava essere un concetto solo su carta; come tutti gli inizi spicca anche la fragilità della stessa Unione.
Non solo.
Nello scacchiere in movimento del mondo spicca la corsa llecrisorse energetiche ucraine che ingolosiscono sia Mosca che Washington e che non possono essere una pedina importante di tutta questa storia, di guerra e di business. Già, business.
Kiev sa di avere fra le mani una risorsa infinita chiamata terre rare (17 elementi preziosi per smartphone, batterie) e sa si poterle mettere sul tavolo di qualsiasi trattativa al netto delle dichiarazioni ostili comunque sia dell'avversario russo e del tycoon Trump. Parentesi: attualmente le miniere di terre rare si trovano nel Donbass occupato...
Kiev però sembra in balia degli eventi che si susseguono, come l'Europa del resto, come l'Italia (già netta la divisione in senno alla maggioranza sul mandare o meno le truppe italiane in Ucraina), come il G7 e l'Onu.
Come detto sembra un Risiko senza una idea, né certezze se non lo schiaffo americano.
Finirà davvero in poco, pochissimo tempo? A che prezzo? Per Kiev in primis e per Bruxelles?

Commenti