L'elefante in cristalleria

Si muovono le diplomazie con il passo a volte lento e sornione, altre volte con l'eleganza dell'elefante in cristalleria. 
Dentro questo tourbillon di dichiarazioni, incontri, "carte sul tavolo e carte in mano" come i migliori pokeristi c'è racchiusa tutta l'incertezza che grava sul mondo o meglio su quella parte di mondo chiamata Europa.
E dall'altra parte del tavolo c'è quell'altra parte di mondo chiamata Russia. Aprile ormai è vicino, la Pasqua sia Cristiana che ortodossa pure (quest'anno le due ricorrenze religuose cadono nella stessa domenica); Pasqua che ci siamo abituati a vedere come deadline del conflitto russo-ucraino forse più come paliattivo che fine fine c'era e propria delle ostilità o tregua a tempo.
Si parla ovunque sia possibile farli, da Washington, da Bruxelles fino a Ryad e Mosca, a Kiev ovvio ma la sensazione è che la tregua sia lontana, lontanissima dall'essere annunciata. 
Da parte dei paesi coinvolti nel conflitto c'è il differente interesse a congelare la situazione nel territorio al momento del cessate il fuoco, congelamento che ad oggi significa continuare a bombardare quindi a morire su una linea del fronte che torna a muoversi nonostante i presunti propositi di pace.
C'è alla base di questa incertezza una instabilità politica sia a Kiev che a Mosca, per differenti motivi.
Zelensky, presidente ucraino sa che al cessare il fuoco dovrà indire nuove elezioni, sa che potrebbero significare il personale esilio e quindi oggi chiede aiuti economici e militari, armi i suoi uomini, resiste. Si difende si potrebbe anche dire.
Putin da Mosca mostra quasi indifferenza per l'avversario che non vuole più vedere e anche per tutte le manovre di difesa messe in piedi dall'Unione Europea dopo l'avvento alla Casa Bianca di Trump. Anzi. Putin continua l'avanzata nei territori occupati fin'ora, continua la politica di espansione militare verso i ghiacci del nord (inaugurazione a Murmansk di un nuovo sottomarino nucleare e tutti torniamo indietro ai fatti del Kursk), territori immensi che sembrano destinati a diventato futuri protagonisti nello scenario mondiale, economico e militare sia della stessa Russia che dell'America trumpiana.
L'ultima idea dello zar russo sull'Ucraina è di indire nelezuoni democratiche sotto l'egida dell'Onu e poi trattare con il nuovo governo eletto, di fatto considerando già nullo il governo attualmente in carica. Aspetto questo che l'accumuna con l'amministrazione statunitense secondo la quale com'è noto "Zelensky non ha buone carte in mano".
Trait d'union fra le due superpotenze e sconforto fran i paesi europei facenti parte o meno dell'Unione. In Europa a cercare di mettere in atto un sistema di difesa unico è stato varato il Riarmo, piano da 800 miliardi di euro che dovrebbe azzerare i rischi per il continente europea dell'addio alle forze Nato e all'ombrello americano.
Un piano che porterà, su carta almeno allo stato attuale delle cose, una coalizione di paesi detti "volenterosi" a cooperare per una difesa unitaria sia del continente che della futura Ucraina.
È di per sé un piano complesso perché l'Europa è composta da paesi con diversi gradi di difesa militare, alcuni paesi possiedono armi nucleari altri no, c'è da definire un ordine gerarchico in senno al comando e poi via via da definire tutti gli aspetti militari, logistici, di ingaggio che compongono una forza di difesa.
Non un passaggio così facile come sembra ma che sembra una risposta di pancia del vecchio continente agli insulti d'oltreoceano, perché quello sono in fondo, a quella definizione di "parassiti" tipica dei bulli di certi film.
La settimana politica ente si chiude sotto il segno dell'incertezza, del nulla di fatto se non mille e mille dichiarazioni discordanti e distanti fra loro.


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