Caponata e notti insonni

Devo essermi addormentato come dopo u a grande abbuffata, una parmigiana o una caponata, non so.
L'impressione al risveglio è quella del mal di pancia, del mal di testa, dell'insofferenza.
Come quando cadi in uno di quei sogni che al mattino non sei sicuro fosse solo un sogno o qualcosa di reale; e di brutto, di difficile da comprendere.
Mentre la caponata andava giù a fatica in lontananza ho sentito parole fastidiose pronunciate con tono stridulo, isterico quasi. Parole le cui rime riportano a battute volgari, intercalari romani quasi.
E in quello strano limbo del sonno quasi sotterraneo mi è perso di sentire urlare i potenti del mondo contro nemici e parassiti, parassiti e non più alleati, come nuova guerra santa da combattere. E le crociate si combattono a colpi di tasse, tassazioni doganali. Trivelle e terre rare, sabbie e minerali.
È co e svegliarsi con il mal di testa e le balle che ti girano nello stesso momento. Qualcosa di indefinito.
Hai voglia di spegnere la TV, di più, fare come Elvis e sparare al televisore così da fare sparire ogni problema o perplessità.
Hai voglia di aprire la finestra, bere un po' d'acqua che la bocca è secca, respirare e urlare tutto il fastidio che provi dalla finestra, che vivendo dentro un sogno è enorme, immensa, con vista su tutto, su tutto quanto non va. 
La voglia di urlare la senti montare da uno spazio ipogeico, dal profondo.
Ti sei svegliato di malumore e non basta un caffè, una caffettiera da dodici, no. 
Apri gli occhi e il giornale.
Parte del sogno è lì, scritta nero su bianco. È urlata alla TV.
Lo sapevo che dovevo mangiare più leggero.


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