Sarà guerra, ancora guerra forse più di prima. E sarà ancora una volta tremenda, drammatica, senza scampo.
Una azione non a sorpresa anzi, una azione preparata e studiata a questo punto nei giorni della tregua con Hamas, della consegna-spettacolo degli ostaggi.
Tregua che non ha conosciuto giorni di pace visti i continui bombardamenti su scuole e rovine nella Striscia.
La visita del premier Netanyahu a Washington sembrava foriera di tregua, pace quasi imminente come annunciato più volte da Trump, prima e dopo la rielezione. Invece oggi ritorna in mente il brutto video di Gaza trasformata in località balneare, dichiarazioni che tenevano conto solo ed esclusivamente in considerazione Israele, nessun altro, nessun altro popolo. Quella situazione geopoliticamente instabile conosciuta come Medio Oriente, ostile da sempre ad Israele dopo la debole tregua invernale sta conoscendo una nuova primavera di guerra totale; non solo Gaza, il sud del Libano ma anche Yemen, la sua capitale Sana'a occupata dagli Houthi capaci di tenere in scacco buona parte del traffico commerciale mondiale in transito per il Mar Rosso. in tutti questi bombardamenti massicci non è difficile vedere quale sia l'obiettivo di Israele: l'Iran che nella rincorsa al suo sogno di essere guida della regione ha allungato la sua ombra sui paesi sotto attacco dell'Idf in questi giorni. Una sfera di influenza enorme, tattica, a tutelar al meglio il sogno nucleare.
Israele ha ripreso quindi la linea dura dell'intervento bellico su Gaza che secondo le parole del premier sarà rasa al suolo, svuotata dei suoi abitanti che verranno spostati altrove ma altrove dov'è e cosa può esserci di più duro e tremendo del non avere più un tetto, un luogo dove curarsi, istruirsi, tenere in mano un pentolino vuoto impossibile da riempire.
Questa svolta violentissima è una spinta americana, un invito a risolvere in un modo o nell'altro una situazione che rischierebbe altrimenti di protrarsi nel tempo per ancora qualche anno.
Aiuti americani in cambio di un azzeramento dell'influenza iraniana nell'area?
Forse fantapolitica come in un romanzo degno di Clancy ma non lontano dalla realtà perchè in fondo è questa la condizione di Israele. Una nazione che al suo interno vive in maniera diversa la crisi degli ostaggi non ritornati a casa, dei bombardamenti da nord e da sud, le invasioni che l'Idf sembra alternare per confondere.
Gli israeliani sembrano stanchi di questa guerra estenuante che crea lutti, dilata il dolore per chi ha perso i propri cari o per chi non sa ancora se siano vivi o no. Ha segnato anche il mondo politico di Tel Aviv conscio che tutti questi fronti aperti servano più a Netanyahu e al suo percorso politico che al paese.
Opinioni ormai chiare, fin dall'inizio del conflitto che ha azzerato Hamas prima ed Hezbollah poi che hanno preso consistenza con il passare dei giorni.
Prima del 7 ottobre 2023 il governo Netanyahu sembrava nuovamente destinato a cadere ma l'azione omicida di Hamas ha messo la vita politica in secondo piano e rilanciato drammaticamente il proprio premier.
E poco importo fermarsi di fronte a chi piange e muore per fame, per guerra, per non avere più nulla cui aggrapparsi per sperare in una qualsiasi forma di domani.
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