Kurilla, ecco il nome nuovo che ci mancava, tormentone tragico che rischia di segnare l'estate del 2025 in modo permanente come lo fu nell'inverno del 1991 il nome di Schwarzkopf.
Lo scenario mondiale per altro rimane all'incirca lo stesso, solo qualche chilometro più a nord, dall'Iraq all'Iran. Questione di chilometri, consonanti, vite.
Nel 1991 il generale statunitense guidò la coalizione Usa e 35 altri stati fra cui l'Italia duranti la prima guerra del Golfo quando le miee espansionistiche e la follia di Saddam Hussein portarono all'invasione irachena del piccolo e ricco Kuwait.
Altri tempi sicuramente, una Nato e dei politici più politici, peso politicamente rilevante delle parti in causa (nel caso di specie quello italiano, e quello europeo); a febbraio 1991 la guerra finì con il Kuwait liberato, la coalizione vincente, Saddam lasciato al proprio posto dopo una bellica tirata d'orecchio e a guardare la storia se si fosse continuato e si fosse rovesciato il dittatore, il mondo avrebbe preso una piega decisamente differente.
Schwarzkopf ieri, Kurilla oggi.
Ma per quale motivo?
Oggi che il calendario indica essere giovedì 19 giugno 2025 è il settimo giorno di guerra fra Israele ed Iran e questo nuovo e quasi inaspettato fronte bellico pare destinato ad allargarsi, a coinvolgere altri protagonisti in realtà già presenti e attivi nell'area geografica: gli Usa che ufficialmente non sostengono militarmente Israele ma hanno già bombardato lo Yemen nello scontro con le milizie Houthi e in Medio Oriente sono già presenti con due navi da guerra cui a breve se ne aggiungerà una terza; nell'Oceano Indiano la base Diego Garcia ospita quattro bombardieri già dispiegati nei mesi scorsi.
Tutto questo perché il presidente americano Trump in uno dei suoi ennesimi alti e bassi dopo aver assicurato di pacificare il mondo in sole 24 ore, nei giorni esaltanti del nuovo insediamento alla Casa Bianca, si è esposto chiaramente a sostegno di Tel Aviv forse memore, forse lui o chi per lui, dell'odio reciproco fra l'Iran dei Guardiani della Rivoluzione e le amministrazioni Usa (non tutte ad onor del vero ma quasi, alternando astio ad odio ad indifferenza). A ruota di questa uscita in parte inaspettata del tycoon, non tanto inaspettata in quanto sembrano già firmati e pronti i piani di guerra, ecco il nome ai più sconosciuti, quello che non si dovrebbe conoscere: Kurilla, il nostro nuovo generale Schwarzkopf.
A quanto si apprende nel mondo mentre Tel Aviv e Teheran vengono devastate da piogge di missili e attacchi di droni dal cielo, il generale Kurilla ha imposto ai vertici Usa la sua idea bellica, ecco perché gli spostamenti strategici di uomini e mezzi, imponendo la sua strategia al Segretario per la Difesa Hegseth, accedendo in modo deciso e inusuale direttamente a Trump; ecco qui di il pacchetto fatto e servito.
Trump ha dato un margine di tempo ragionevole a Teheran per firmare la propria resa prima dell'escalation bellica e quindi immaginiamo Kurilla che freme davanti ad un telefono che non suona mai.
Perché il quadro strategico anche politico che sta uscendo da questo nuovo teatro di guerra in qualsiasi altro momento sarebbe improponibile, irreale: un presidente che dice che quasi quasi si va alla guerra ma al tempo stesso è convinto che il quasi amico russo, Putin, sarebbe il mediatore ideale evitando forse di ricordare in primis a se stesso che lo stesso russo è coinvolto in una guerra di invasione in Ucraina, Europa. Dettagli forse, dettagli forse anche per i nuovi generali Usa, che a me sembrano così lontani da quello Schwarzkopf in tuta mimetica grande come un armadio che non ha mai detto una parola più del dovuto, anche a favore di camera.
Il teatro dell'assurdo continua con gli altri protagonisti di questa vicenda; la Guida Suprema iraniana Khamenei, quasi novantenne, rifugiatosi sottoterra, letteralmente, in un bunker mentre sulla testa la città esplode, la TV di stato esplode, le centrali nucleari quasi, emerge televisivamente per lodare gli attacchi iraniani su Israele, promettendo che il futuro sarà glorioso per l'Iran e nero per Israele cercando forse di non fare pensare agli iraniani che le bombe dei bombardieri di stanza a Diego Garcia possono penetrare a fondo nei bunker sotterranei e colpire le preziose e pericolose centrifughe nucleari.
Il tragico e l'assurdo hanno trovato un nuovo scenario,buon Teatro conosciuto e ormai martoriato in tutti i suoi lati.
Kurilla sarà il generale che finalmente libererà il mondo dallestrwmismo degli Ayatollah? Saranno gli Usa alla fine a scrivere la parola fine al regime ed alla guerra? Il precedente con il deposto Scià di Persia non depone a favore degli Usa e si sa fin da bambini che la Storia va sempre guardata e studiata perché insegna molto.
E gli iraniani delle proteste, di Amina, riusciranno a trovare nuova linfa per prendersi quella libertà che in fondo è dovuta e meritata?
Il futuro più prossimo è avvolto in una fitta nebbia, una brughiera di diplomazia e politica.
Manca in tutto questo tourbillon di nomi ed eventi, programmi e progetti, un qualsiasi riferimento alla UE, l'Europa.
Manca semplicemente perché manca l'Europa, perché si è ridotta ad una coalizione per pochi (i soliti noti Francia, Germania e Gran Bretagna, quest'ultima oltretutto fuore dalla UE...), che non trova un piano comunez che bisbiglia all'orecchio dei diplomatici, invisa a Trump, incapace ad oggi di prevedere le ricadute che i propri mercati avranno dal probabile nuovo conflitto e dai nuovi equilibrio che ne nasceranno.
E dire che in fondo basterebbe alle "...8, 8.30 del mattino telefonare in Israele e Iran e dire: Adesso basta guerra.".
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