Non voglio fare un pubblico dibattito, non voglio arrivare alla critica aspra, suscitare quel vespaio di cattiverie di leoni da tastiera.
Voglio solo dare il mio parere, piccolo, personale per carità; da lavoratore dipendente, da padre di tre figli che si stanno affacciando al mondo del lavoro, da cittadino italiano.
L'8 e il 9 giugno si voterà per il referendum, cinque quesiti, quattro sul mondo del lavoro e uno riguarda la richiesta di cittadinanza.
Il referendum è forse l'unico strumento in mano agli elettori per cambiare qualcosa che non va, che si può provare a cambiare, che andrebbe rivisto.
L'unico vero strumento in mano all'uomo della strada come si soleva dire qualche tempo fa. Lo strumento necessario per decidere noi italiani cosa fare, cosa proporre (andando all'indietro nel tempo della nostra Repubblica penso alle lotte per aborto, divorzio di Fortuna e Pannella ad esempio).
Ed essendo l'unico strumento che per Costituzione ci è riconosciuto non vedo perché boicottarlo, invitare a non presentarsi alle urne.
Oggi più che mai perché mai prima d'ora ricordo una tale avversione del governo ai quesiti referendari che domenica 8 e lunedì 9 giugno ci troveremo ad affrontare. La logica spiccia porta a pensare che essendo referendum "sorti a sinistra" il governo a guida destra non ha alcun interesse a fare andare alle urne il proprio elettorato, tantomeno quello dell'opposizione.
E pure questo aspetto rientra nella strategia della campagna elettorale.
Però quello che mi preoccupa, mi fa arrabbiare è la palese istruzione delle prime cariche dello stato al voto, l'esternare la propria contrarietà e implicitamente fare proselitismo fra gli elettori.
Si, perché fra gli elettori, vecchi e nuovi c'è uno zoccolo duro di "No" a prescindere, una totale avversione per tutto quello che poteva essere di sinistra, che assomigliava vagamente ad una sinistra. Avversione e invito all'astensione che trova terreno fertile in una fascia d'età più o meno compresa fra i 35 e i 60 anni, che è la fascia d'età e di elettori più feroce nell'usare i social: coincidenza che fa riflettere, boomer o non boomer e che ha prolificato più o meno nei giorni bui della pandemia.
Ritornando al referendum dell'8 e del 9 giugno sarebbe giusto che tutti gli aventi diritto si presentassero alle urne. Scrivano pure "Si"o "No" a seconda della preferenza che dev'essere sempre libera, per ognuno.
L'importante per fare vedere che l'Italia è davvero un paese democratico è andare, votare, non seguire indicazioni di persone terze ma solo le proprie, secondo coscienza che questo referendum non è un giudizio elettorale (pur schiacciato fra mille elezioni amministrative e ballottaggi) sulla gestione del governo da parte della maggioranza. È un voto che andrà proiettato in avanti (presbite cobe Calamandrei definì la Costituzione), soprattutto sui figli che oggi ascoltano, osservano, a volte copiano.
Che ognuno esprima il proprio voto è la libertà unica e più grande che abbiamo, impariamo ad usare la nostra testa.
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