Una giornata al mare

Sono più o meno con la pancia in ammollo, costume azzurro, pausa dal lavoro propedeutica alla mia salute mentale. Osservo quindi, tutto attorno a me. Anzi, tutti attorno a me.
Il tutto è un mare cristallino, un fondale basso, vicino e la sabbia bianca. Libera soprattutto.
Libera ed occupata quasi in ogni suo centimetro, un agglomerato umano ampio, senza età, ceto sociale, origine geografica.
Osservo, bambini che corrono, giocano con pistole ad acqua, gonfiabili, secchielli e palloni.
Non ascoltano i rimproveri di nonni o genitori, l'accento di altri bambini che corrono verso la stessa acqua. Dal mio punto d'osservazione acqueo osservo.
Anziani pensionati forse che arrivano all'alba, sistemano per sé o per gli amici ombrelloni, sdraio, asciugamani. Fitti, vicino uno all'altro a creare piccoli agglomerati umani, non necessariamente numerosi. Sono più o meno simili, formano e delimitano comunità improvvisate, piccoli gruppi autoctoni e no.
Spalmati sul litorale ci sono maschi alfa e femmine alfa perché in certi momenti l'alfa identifica semplicemente la guida e quindi la moglie, la compagna ha unilateralmente ragione. Uno scontro fra guide alfa dove comunque vince la donna.
L'agglomerato umano che osservo ha regole chiare e non scritte, fatte apposta per una convivenza altrimenti impossibile.
Dal mio punto di osservazione mi passo un po' di acqua sulla testa, sulle spalle. 
Mi sposto un po' camminando adagio sul tratto di fondale ricoperto di sassi. Mi muovo fra piccoli banchi di pesci numerosi ed inermi.
Il litorale è un insieme informe e regolare di colori ombrelloni ed asciugamani. Un insieme di cose, oggetti, che mettono allegria, che mi portano lontano dal lavoro, che da dove sono adesso distante un'ora di volo e non di più, anche se è nell'estremità nord est del paese.
Mi piace osservare, guardare, salutare e capire. Un viaggio sociologico in una realtà opposta alla mia.
Dove alla fine, una volta giunto a riva ed asciugato mi aspetta del buon cibo.



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