Giorno X: 7 agosto

Su che Europa possiamo contare dopo la stretta di mano scozzese fra Von der Leyen e Trump?
Che Unione è uscita da questi accordi vista dazi e soprattutto dall'ultimo triennio segnato da irrisolvibili venti di guerra?
Un continente vecchio, un mastodonte che si muove con passo elefantiaco cercando un approdo sicuro per risolvere dubbi storici, dubbi nuovi e consolidare un minimo di sicurezza.
In Europa è inutile negarlo, si è applaudito all'accordo sui dazi al 15%, sulla cifra definitiva che per inciso non è chiaro come gli Usa, presumibilmente degli analisti finanziari, l'abbiano decisa. Cifra che nelle capitali europee hanno letto con un sospiro quasi di sollievo salvo ridestarsi l'indomani con mille dubbi a tormentarne l'animo.
L'accordo di base c'è, mancano altri dettagli non meno importanti. E proprio questi dettagli, la loro gestione in stile Trump (minaccia, bastone e carota, sorriso sardonico ad uso stampa, povertà di eloquio) apre sul futuro europeo più di una incognita.
I dazi al 15% coprono tutti i settori, ovvero il 7 agosto dato di entrata in vigore di tale tariffa tutti i settori economici saranno coinvolti nel pagamento della nuova gabella?
Sembra di no visto l'assenza dalla tabelle tariffarie di alcu i prodotti agricoli o l'incertezza che ancora avvolge il settore farmaceutico.
I dazi americani sono chiaramente applicati ad uso e consumo della grandezza made in Usa; massimizzare gli interessi economici del paese come da slogan elettorale trumpiano. Non importa se nel corso dello sviluppo degli accordi i mercati finanziario più importanti crollano.
È più importante l'obiettivo finale da raggiungere un perfetto film americano, quasi che la questione dei dazi fosse una partita a poker.
Allo stesso tavolo siedono un giocatore scaltro, a volte duro e rozzo ma deciso come il presidente Trump dall'altra parte del tavolo siede una Unione Europea che non sa trattare, che porta in dote solo "la grandeur" del passato scalfita negli ultimi tre anni da guerre, crisi politiche, ombre dal passato e divisioni interne fin troppo evidenti che ne hanno minato il senso di Unione che la fondò e il suo stesso senso di essere.
La divisione europea sta portando con sé un lungo periodo di incertezza economica, lascia in sospeso in attesa di decisioni altrui settori quali informatica, farmaceutica (la stessa Italia sta vivendo negli ultimi anni in questo settore un forte sviluppo industriale), automotive.
Ma non solo; l'Europa esporta verso gli Usa beni alimentari oltre a dispositivi medici. Beni alimentari che sono eccellenze e che vivono allo stato attuale nell'incertezza di essere presenti nel tariffario o meno, di vedere aumentare la tassazione fin qui applicata per il proprio export.
Mentre Trump decide il da farsi (di date X ne ha disseminate più di una nella sua agenda dal giorno del nuovo insediamento alla Casa Bianca), Von der Leyen deve gestire il rischio neppure troppo velato di una ulteriore rottura gravi paesi membri della UE. È chiaro che la Commissione Europea non è stata, e non lo è, in grado di difendere e tutelari gli interessi dei paesi membri con il risultato che dal 7 agosto in poi ognuno potrebbe decidere di muoversi in completa autonomia negli scambi commerciali con gli Usa.
L'accordo capestro siglato in terra di Scozia rappresenta per l'Europa una conferma di quanto oggi non ci sia una guida capace di tenere uniti paesi diversi fra loro per storia, cultura ed economia. Quelle guide che permisero di fondarla, trovare il punto d'unione e farla crescere negli anni.
Oggi ci ritroviamo con il fiato sospeso per una economia che potrebbe trovarsi a pagare cifre esorbitanti agli Usa per l'export dei propri prodotti, una frammentazione fra gli stati membri che spazia a più livelli (economia, sociale, guerra) e un malcontento fra le cancellerie verso la stessa Commissione.
Von der Leyen sa che dovrà lavorare di diplomazia per superare dubbi e situazioni di stallo che minano mercati finanziari e politiche internazionali ma non sembra averne la capacità per farlo. Quella capacità dimostrata durante il primo mandato quasi a certificare il dubbio che la sua rielezione altro non sia che un escamotage politico.
Mentre a Bruxelles si vivono giorni intensi, economicamente difficili, dall'altra parte dell'Atlantico Trump gioca a golf e fra una buca e l'altra posiziona due sotto narini nucleari vicino alla Russia...

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