Monaco 1972, XX Giochi Olimpici.
Giochi Olimpici definiti "della gioia", organizzati dalla Germania dell'Ovest finalmente pacifica e democratica, locomotiva produttiva dell'Europa. I Giochi si tengono nella città bavarese di Monaco per l'occasione rimessa a nuovo. Nuovo è anche l'Olympia stadio, futuristico con la copertura ondulata e trasparente.
E' la fine dell'estate del 1972, fra fine agosto e inizio settembre, Monaco di Baviera si è vestita a festa, è pronta ad ospitare atleti, tecnici, un universo sportivo in festa. Negli stessi giorni, questo però lo si saprà solo al termine dell'evento, assisterà alla nascita di nuovi astri, idoli apparentemente vincibili.
Le Olimpiadi in terra tedesca all'inizio del 1972 sono l'obiettivo di un giovane studente americano, il ventiduenne Dave Wottle. Dave è un mezzofondista con un discreto palmares quando si presenta ai Trials che qualificano gli atleti Usa ai Giochi. Copre le distanze del miglio e delle 880 iarde, lo fa bene fermando nel 1970 il cronometro sul tempo, record personale di 1'47"8. Sulla stessa distanza nelle piste rosse degli stadi di tutto il mondo è in pieno sviluppo il dominio del sovietico Arzhanov, idolo indiscusso sulla distanza degli 800 metri.
Sulla pista nuova, quasi intonsa, Wottle sa che il rivale più temibile di tutti è lui, il russo. Wottle si qualifica per Monaco di Baviera dopo aver perso praticamente tutta la stagione precedente a causa di un infortunio.
Monaco di Baviera ha pensato i Giochi con precisione teutonica; spazi comuni, palazzine per delegazioni e sportivi, il cosiddetto Villaggio Olimpico, quasi come stesse progettando un enorme villaggio vacanze. E' una specie di prova del nove, quella che dovrà dimostrare la maturità sociale, politica ed economica del paese. Il suo Cancelliere, Willy Brandt imposta il suo cancellariato su una politica di distensione, Ostpolitik, soprattutto verso i paesi dell'Est Europa nell'orbita politica sovietica.
Nel 1972 Dave Wottle oltre ai Trials vince i campionati NCAA le 880 iarde (1500 metri) indoor e il campionato AAU (Amateur Athletic Union). Il ragazzo statunitense non si limita a correre e vincere eguagliando il record del mondo con il tempo di 1'44'3 ma continua con profitto gli studi in Storia alla Bowling Green State Università in Ohio.
Il 1972 non è solo il vento positivo della Ostpolitik ma anche quello tragico e nero del terrorismo internazionale. La sigla che diverrà tristemente familiare è quella dell'Olp (Organizzazione per la Liberazione della Palestina); le sue azioni omicide diverranno in breve un marchio riconoscibile in tutto il mondo. Il senso di tanta atrocità è destabilizzare Israele, la sua politica di oppressione verso la Palestina e i suoi abitanti (che anni dopo sfocerà nella drammatica realtà di Gaza). Il 1972 porta l'Olp di Yasser Arafat sulle prime pagine internazionali dopo l'attentato di maggio all'aeroporto di Lod, Tel Aviv, Israele. A compierlo fisicamente sono organizzazioni terze ma vicine all'organizzazione palestinese.
Dave Wottle ascolta le notizie alla televisione, legge gli articoli ma non smette di correre, sente che è l'anno giusto dopo le difficoltà dell'anno precedente. Sugli stessi schermi e sulle stesse pagine legge delle vittorie del sovietico Arzhanov, imbattibile, a volte in affrontabile. Sembra che voli nei due giri di pista. Dave lo studia, lo scruta e prende appunti. Ne studia la partenza, il ritmo di corsa durante la gara, lo sprint finale.
Willy Brandt e il suo governo sanno che nulla può essere sbagliato durante lo svolgimento dei Giochi; Monaco di Baviera è il ponte per Saporro, Giappone, sede nello stesso anno dei Giochi Olimpici invernali. Il tema della sicurezza sembra posare su granitiche certezze.
Wottle a Monaco di Baviera scenderà in pista come detentore del record del mondo sulla distanza, consapevole quindi di essere non il favorito principale ma nella rosa dei papabili per il podio. In semifinale il ragazzo dell'Ohio non dimostra grandi difficoltà nel superare il turno e guadagnare la finale olimpica, gara nella quale inevitabilmente sfiderà il favorito ed imbattibile Arzhanov. La data che Dave Wottle segna in rosso sul calendario è sabato 2 settembre 1972, Olympiastadion. Dave guarda verso l'alto, oltre le bandiere in festa dei tifosi che gremiscono ormai ogni giorno lo stadio bavarese; osserva il cielo, il tetto ondulato e trasparente regala una visuale unica, come se l'unico riparo dal cielo fosse il cielo stesso.
Sono Giochi politicamente difficili con il mondo diviso in blocchi, occidentale ed orientale e i paesi arabi e medio orientali sullo sfondo, divisa fra petrolio e problemi storico-politici. Il 2 settembre è il sabato dell'atletica leggera con le cinque finali in programma, del "pomeriggio del giorno di festa" citando Leopardi. E' una giornata di sport che dista tre giorni soltanto dal giorno più nero dei Giochi Olimpici, di Monaco di Baviera e del mondo intero.
Dave Wottle, Willy Brandt, il sovietico Arzhanov e tutte le altre migliaia di persone attorno a loro non lo sanno ovviamente. Sabato 2 settembre 1972 è il giorno della finale degli 800 metri piani.
Lo scoppio delo starter riempie lo stadio per una frazione di secondo in silenzio, il tempo necessario per registrare visivamente la partenza e ritornare subito ai cori, alle bandiere da fare garrire al vento, al tifo più vero, allo spettacolo sportivamente più grande. Il gruppo già alla prima curva si divide, si allunga, aumenta sensibilmente il ritmo. Il gruppo di testa vede gli atleti africani aprirsi la strada facendo da apripista almeno fino ai 500 metri. Il ritmo è alto, troppo per l'unico atleta che indossa un curioso copricapo da golf bianco, un po' scolorito, un po' stropicciato. E' ultimo dopo il primo giro di pista, è nel gruppo di coda anche ai 500 metri quando gli africani rientrano nel gruppo, quando il russo Arzhanov inizia prepotente il suo allungo. La falcata è quasi regale, un fenicottero che si alza in volo, imbattibile. Dave Wottle con in testa un cappellino da golf non ha cambiato mai il ritmo della propria corsa anche se ora non è più nel gruppo di coda.
Monaco di Baviera per una specie di beffa del destino ricorderà i suoi Giochi Olimpici per dei copricapi, ironici trait d'union fra loro e la Storia, sportiva e non.
Succederà tre giorni dopo, nelle palazzine nuove, vestite a festa per i Giochi, che il mondo intero, quello strettamente coinvolto per logistica e per affetti e quello che guarda dagli schermi delle televisioni, prenderò familiarità con un signore dal volto coperto da un lugubre passamontagna con tre buchi neri e un altro che parlerà alle forze dell'ordine accorse sul luogo con un cappellino bianco, vistoso, più indicato per un safari, il volto ricoperto da lucido da scarpe nero. C'è un terzo copricapo che apparirà poi nelle foto dell'appartamento occupato dai terroristi dell'Olp, un cappello da cowboy, fuori luogo, tragico nella sua foggia.
Gli orologi segnano le 04:30 del 5 settembre 1972 ed è la data preciso dell'inizio della tragedia che ha spezzato in due la gioia delle Olimpiadi di Monaco di Baviera, che provoca la morte 17 persone fra sportivi israeliani presi in ostaggio (11 persone), 5 terroristi e un poliziotto tedesco. L'assalto palestinese alla squadra israeliana non finisce al Villaggio Olimpico, prosegue come un tragico domino di morte altrove, lontano da quel luogo di sport, pensato per dare una immagine allegra, sana del mondo e della Germania. Finisce sulla pista dell'aeroporto di Monaco-Reim. Quando tutta la follia del mondo finì gli orologi i divano le ore 12:04 del 6 settembre 1972. In tutto questo lasso di tempo si sparò. Si alzarono i telefoni delle cancellerie, inutilmente per altro vista la posizione di fermezza di Israele. Si cerco di capire cosa non funzioni nell'organizzazione del servizio di sicurezza affidato in predominanza a volontari non formati. Si cerco di capire le cause, le conseguenze che per anni si muoveranno in silenzio in ogni angolo del mondo.
Tre giorni prima, a trecento metri dal traguardo il gruppo dei finalisti si è allungato: Arzhanov vola in solitudine verso il traguardo, alle sue spalle il keniano Boit, un altro connazionale si sta defilando, incapace ormai di tenere il ritmo. In quarta posizione l'atleta americano con il suo cappellino da golf saldo sulla testa.
La falcata di Wottle dimostra una costanza di movimento quasi rara: nei video dell'epoca l'atleta americano sembra non accelerare mai né ovviamo rallentare. Per un inganno ottico sembra che gli altri rallentino tutti insieme, tranne uno. Wottle supera i due kenioti e affianca, incredibilmente, Arzhanov. Gli ultimi metri li compiono affiancati uno all'altro. Manca un metro, cinquanta centimetri, il traguardo.
Chi osserva la gara da casa o dagli spalti a poco centimetri dal traguardo vede il sovietico tuffarsi fisicamente oltre la linea mentre l'american rimane in piedi solo leggermente piegato in avanti, con la testa alta, quasi volesse osservare i giudici, il tabellone, gli spalti, la copertura trasparente dello stadio che lo ha sollevato dalla pista. Chi osserva non se ne accorge subito; i tempi di Wottle e Arzhanov sono gli stessi, li dividono solo tre centesimi e le punte dei piedi dell'americano che mentre il rivale si tuffa posizionale punte delle scarpe oltre la linea del traguardo.
Primo Wottle. Secondo l'imbattibile Arzhanov, terzo il keniano Boit. Sorride Dave, allarga le braccia, abbraccia lo stadio, il cielo, i rivali, si porta le mani ai fianchi, sorride. Ha vinto attendendo il momento giusto per allungare. La Storia lo insegna, Wottle la studia tutti i giorni, lo sa. E' un ragazzo travolto dalla gioia della vittoria, quella che resterà negli annali, quella che ti fa sentire in cielo anche con i piedi ben piantati per terra. E' sabato 2 settembre 1972, si può e si deve gioire. Gli atleti, lo stadio, Willy Brandt, i volontari. Dave Wottle è così travolto dall'impresa appena compiuta che scorderà di indossare un cappellino da golf e anche sul podio, medaglia al collo il cappellino non lo togliere, del resto non aveva nessun motivo di toglierlo.
Sul podio, medaglia d'argento, Jevhen Arzhanov che negli ultimi tre anni non aveva mai perso una gara ma che curiosamente alla fine della propria carriera non vincerà mai né un Mondiale né un'Olimpiade. Wottle tornerà alla vittoria nel 1973 nella gara sul miglio ai Campionati NCAA (i campionati universitari organizzati in Usa, Canada e Porto Rico) poi intraprenderà la carriera universitaria nelle vesti di docente.
Ha lasciato l'atletica nonostante la vittoria, nonostante sia divenuto negli anni esempio di costanza e di tenacia. Come se quella festa di sport e di vita interrotta tre giorni dopo il suo momento più alto avesse interrotto la corsa, la falcata per sempre.
Poteva e doveva essere l'Olimpiade ricordata per il suo cappellino da golf, per gli ori record del nuotare americano Mark Spitz, per il nuovo Olympia stadio, non lo fu. Fu altro, fu buio e notte.
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