Loreo, dove nascono Battiti e Dentro la nebbia cosa c'è
Che succede quando arrivano tutti insieme i ricordi di una vita?
In questi mesi di emergenza è capitato spesso, tanto.
Sono quelli del cuore, quelli che accelerano quando rivedi volti, facce e visi che si legano inevitabilmente a luoghi e a sapori che sono la parte migliore dei tuoi ricordi.
Battiti, come quelli del cuore.
Quelli che inconsapevolmente accelerano quando riprendi contatto con persone, luoghi e cose che appartengono a te da sempre
Battiti veloci che riportano a galla persone, personaggi e personalità che sono sempre stati presenti fino ad un certo punto della tua vita; gli stessi volti che erano parte delle tue giornate e che ora per i motivi più svariati sono da un'altra parte, non importa quale sia.
Accelerano con il respiro quando il panorama che si sposta oltre il finestrino lo ricominci a conoscere, a respirare nuovamente.
Battiti, come quelli del cuore.
Regolano il respiro e qualche sospiro.
Capita che ritrovi tutto quello che hai lasciato anni prima anche se le strade sono diverse, sono più lontane, anche se alberi e giardini hanno fiori nuovi, anche chiuso in un altro appartamento, più piccolo per le esigenze della vita.
Battiti, che sono respiri, i primi di quella che sarebbe stata poi la tua vita.
Tutto è come lo ricordavi, come se idealmente lungo tutto questo tempo passato non fosse stato altro che girare lo sguardo da un'altra parte.
Battiti, del cuore che respira l'aria di casa.
Sono i battiti che aumentano quando respiri un profumo, degusti un alimenti, che non sono solo un profumo ed un alimento, ma sono quel profumo e quell'alimento preciso.
Quello che fa aumentare il respiro, che ti prende di forza e nostalgia.
Ha tutto il sapore dolce e ironico di una giornata particolare, un momento in cui tutto è vacanza, è leggero e profumato.
Sono i battiti che aumentano entrando in una cucina che sopravvive al tempo e alle persone nonostante non sopravviva più nello spazio in cui inizialmente era stata pensata, nonostante le mani che ci cucinano non siano più le stesse.
I battiti.
Sono quelli del cuore, quando il cuore cerca nel passato ricordi che emozionano anche nel presente.
Del ritorno.
Anche se è un ritorno strano, anomalo.
Quale che sia il motivo per cui torni a casa, quella casa che per molti anni hai fatto fatica a ritrovare, accontentandoti di ritrovarla nei ricordi, nelle lunghe chiaccherate coi figli, al telefono con padre e fratello.
Sapevi, lo sai, che quella è, sarà sempre casa tua, avrà sempre un sapore definito, un colore e una dimensione immutabili nel tempo perché alle proprie origini non si può sfuggire, non si deve.
Capisci che hai finto di scordare per un lungo periodo quale fosse il tuo punto di partenza, illudendoti di non provare nulla quando saresti tornato.
Battiti, dei passi solitari, notturni per le vie del paese a catturare i ricordi nascosti fra le volte dei portici, sulle rive dei canali, nel colore dorato della campagna veneta in estate.
Battiti.
Quelli che ti tengono legato alle radici.
Quelle radici che pensavi si fossero recise col tempo, che il tempo invece ha coltivato, facendole crescere attaccate al terreno.
A quel cuore che batte e si emoziona.
Hai trovato tutto li ad aspettare niente di diverso dall'essere colti, sistemati nei tuoi ricordi, dolci, tristi, azzurri, grigi, ironici, vissuti.
E i battiti continuano, come giusto che sia con un po' più di te sulla pelle.
Battiti.
Sono battiti a volte delicati come semi di tarassaco quando si alza il vento.
Indice dei post prima parte:
• https://lapennaeilcuore.blogspot.com/2019/07/le-sarde-del-redentore.html
• https://lapennaeilcuore.blogspot.com/2019/07/le-comari-del-paesello.html
• https://lapennaeilcuore.blogspot.com/2019/07/l-di-chiamarsi-mario.html
E poi? Cosa succede?
A metà giugno scopri di avere tanto tempo libero, forse troppo per i canoni abituali. I figli sono al mare con le loro mamme o stanno preparando l’esame di maturità ed io? Prendo la bici, la sistemo, la pulisco, la metto in ordine e ci salgo sopra. Con un trasporto sentimentale che sono troppi i giorni che non ci salgo sopra. È sempre stata il mio sfogatoio, del resto non usando mezzi a motore pubblici o privati, la bici è sempre stata il mezzo migliore per arrivare direttamente al lavoro partendo da casa. 12 km al giorno, andata e ritorno, che si sono azzerati dopo l’ultimo trasloco ad 800 metri dal luogo di lavoro secondo Google Maps.
Abbastanza per sentirne la mancanza e approfittare del tanto tempo libero per uscire a mettere chilometri nelle gambe.
Poca cosa, nulla di agonistico, solo sane pedalate a metà fra la campagna e il collinare ed un paio di salite verso il lago. Gli unici impegni sono per il weekend, un rientro al paese d’origine per vedere com’è cambiato dopo tanti anni, per vedere papà e fratello e tutti gli affetti che sono ancora lì.
In realtà la bici e il tempo libero mi servono per pensare proprio al weekend; da quando abito qui in Friuli non ho mai visto la Sagra del Pane, coi riti della mietitura, i costumi, i profumi soprattutto. Penso che il sabato presenterò ai miei concittadini il mio libro, i ricordi di una vita in paese, qualcosa che mi sembra lontano nel tempo. Non sarà un’impresa titanica ma se si ha la mia dose di timidezza può essere qualcosa di insormontabile.
Ci penso mente mi alzo sui pedali in salita, mentre ridiscendo dall’altro versante della collina. Cosa posso dire? Scrivo due righe? Appunti, come prima di una riunione di lavoro? Può essere.
Li penso tutti in mutande? Guardo un punto fisso oltre la platea?
Anche. Arrivo a casa con la sensazione di aver fatto sì un po’ di chilometri ma di avere in merito alla presentazione del libro un “grande boh in testa”.
Mangio qualcosa di fresco e dopo i messaggi ai figli, aver ricevuto in cambio foto e vocali mi regalo un momento di pausa navigando qua e là per i miei social. Vedo insolitamente tante notifiche, le apro. Sono tutte notifiche legate al mio libro, alla presentazione che farò fra persone amiche. Provo lo stesso un po’ di imbarazzo, lo stesso che provo quando qualcuno che conosco mi scrive che il libro è arrivato, che si ricorda anche lui della tal persona indicata in un racconto.
Sono seduto su una di quelle sedie di plastica da esterni, il sole illumina il lato destro dei portici disegnando sul pavimento gli stessi archi. C’è la mia famiglia, vecchi insegnanti delle scuole
medie, persone che non conosco o purtroppo non ricordo bene e me ne dispiaccio quando ci stringiamo la mano.
L’emozione rimane nell’aria, lo sento nelle pieghe che prende la mia voce ogni tanto; guardo il papà seduto in prima fila. Le lenti fotocromatiche affumicano i suoi occhi azzurri. Intuisco che si sta emozionando da come si morde le labbra. La persona seduta vicina a me racconta cosa ha provato lui leggendo il mio libro, mi chiede delucidazioni su alcuni dettagli del libro, parole, immagini. Adesso sorrido.
Quel signore che ricopre il ruolo del relatore è il mio vecchio insegnante di geografia all’istituto superiore, mio compaesano e vicino di casa oltretutto. Il tempo sembra non essere trascorso ed è esattamente la stessa persona di allora e come allora “mi deve far parlare”.
Adesso però è una sensazione piacevole farlo e ne esce un dialogo fra amici, escono quegli aneddoti che in altre occasioni non sarebbero mai usciti.
Chiude l’incontro con un “Continua a scrivere” di incoraggiamento, l’augurio più bello.
Il tempo libero mi ha fatto una stupenda sorpresa.
E il tempo trascorso al paese mi ha regalato nuovi ricordi, fatto ritrovare vecchi amici e altri di nuovi.
Indice dei post seconda parte:
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